La resilienza

Le crisi di Karolina sono di nuovo difficili da gestire. È cresciuta anche di statura e trattenerla è molto faticoso. Ci sono stati degli episodi veramente pericolosi.

Un viaggio in autostrada. Lei è seduta sul sedile anteriore. Si arrabbia non so più per quale motivo. Comincia mordere, tirarmi il braccio e i capelli. Si attacca allo sterzo. Devo fermarmi, nemmeno il tempo di trovare una piazzola di sosta. Accosto, lei apre lo sportello e scende dalla macchina. Comincia camminare come se niente fosse. Paura. Lei è alta un metro e trentacinque centimetri. Chi si trova lì, non solo non si aspetta di trovare una bambina in autostrada, ma non la vede nemmeno. Nemmeno il tempo di far tornare alla memoria tutti gli incidenti stradali che ho visto in televisione. Scendo dalla macchina, la prendo con tutta la forza che trovo, la carico in auto. È andata bene anche questa volta. Mi avrà vista troppo arrabbiata per contraddirmi. Uffa, a volte è veramente al di sopra delle mie forze.

Un altro giorno al ritorno dalla scuola. Siamo in macchina. Comincia come il suo solito: morsi, pizzicotti, tira i capelli, si aggrappa allo sterzo. Accosto, spengo il motore, esco le chiavi dal cruscotto, raccolgo il mazzo nella mano e senza pensarci troppo, colpisco sul dorso della sua piccola manina. Comincia a scorrere il sangue, ho fatto una bella ferita. Nella testa sento suonare una campanello d'allarme: ...azz, non puoi farlo. Sai che non puoi farlo, che i suoi comportamenti non sono razionali. Sì, lo so. E il sangue che continua scorrere sulla mano mi ricorda che devo risolvere in qualche modo il problema.

Ho bisogno d'aiuto prima che sarà troppo tardi. Ho superato un limite. Ho prenotato la visita dallo psicologo, nel centro riabilitativo che frequenta Karolina. Spiego la situazione: non riesco più a starle dietro, sono stanca fisicamente e mentalmente. Al mattino appena penso che lei si deve alzare, inizio a piangere. Basta. Il medico mi consiglia di prendere un appuntamento per me, anche dallo psichiatra. E così faccio.

In parallelo cominciano le sedute dallo psicologo.

Prima seduta. Entriamo insieme. Ci sediamo e la dottoressa chiede di fare qualcosa insieme. Prendiamo un foglio e cominciamo a disegnare. Dopo una decina di minuti facciamo uscire Karolina.

La dottoressa si rivolge a me:

“Signora, ho notato che lei è qui, ma la vedo assente. Che cosa fa lei quando Karolina non è incazzata?”

“Mi riposo. In attesa della prossima crisi.”

“Allora, se Karolina la vuole vicina, basta che faccia un po' di casino? O tanto casino, vero? Potrebbe essere questo il meccanismo? Perché non proviamo ad anticiparla. Provi a passare del tempo con lei senza essere obbligata dalla crisi. Magari funziona”.

Ha funzionato. Bastava un piccolo suggerimento. Certo non è stato immediato, le crisi non sono svanite dalla sera alla mattina. Ma ho scoperto che esiste un’altro modo per stare con Karolina, non solo quello di doverla tenere con la forza.

Qualche incontro dopo la dottoressa mi disse:

“Oggi decidete voi che cosa volete fare”.

Siamo state sedute per 15 minuti senza far niente. Una volta uscita Karolina sento la domanda:

“Perché non avete fatto niente?”

“Io avevo solo voglia di sdraiarmi e abbracciarmi con Karolina sul lettino.”

“E perché non lo ha fatto?”

“Non lo so. Avrei potuto?”

“Certo che sì. Lei deve fare ciò che la porta ad un benessere. Che oggi potrebbe essere fare niente ma domani per esempio abbracciare Karolina e stare con lei. Magari piacerà anche a sua figlia. Provi e osservi, poi tragga le conclusioni”.

Come la fa semplice la dottoressa. No, non la fa. É semplice. Basta provarci. A volte penso: se ci fermassimo ogni tanto e pensassimo che le persone che abbiamo accanto domani potrebbero non esserci più. Quante volte abbiamo sentito dire dai genitori “...se potessi avere il mio figlio ancora per un altro giorno...”. Viviamo così, magari si apprezzasse di più quello che abbiamo, invece di disperarci per quello che ci manca. Io ho Karolina e nonostante tutti i nostri problemi, so di essere fortunata nella vita. Mia figlia cammina, parla (anche se poco), vede, sente e capisce.

Quanti figli vengono dati per scontati, quante cose diamo per dovute dal destino. Mia figlia non doveva vivere, ha fatto la dialisi, il trapianto, io ho avuto un tumore, ho subito un intervento, mio figlio ha avuto due incidenti stradali, ho dovuto lasciare la mia terra per ben due volte (Polonia e Sicilia) e ogni volta mi rialzo, guardo Karolina guardo il cielo e vado avanti.

La mia vita dipende da me.

Nessuno è in grado di viverla al mio posto. E qualunque scelta ho fatto, l'ho fatto in modo razionale e ponderato, ma soprattutto da sola. Non può andare sempre bene. Non si può sempre vincere. Ma si può, anzi si deve vivere come se la vita che abbiamo fosse l'unica. E credo che sia proprio così.

Un giorno vissuto senza sorriso è un giorno sprecato, un abbraccio non dato non potrai mai recuperare, ogni sorriso regalato ritorna con gli interessi.continua...

 

Krystyna Kubaczewska

 

"I FRATELLI COME VIVONO TUTTA QUESTA SOFFERENZA?"

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