Conferma della diagnosi: ''Mia figlia aveva la galattosemia''

Primo viaggio in Liguria

In ospedale viene confermata la diagnosi fatta anni prima in Polonia: Galattosemia. Il quadro generale è buono. Dopo quattro giorni torniamo a casa. Tutto stabile.

Arrivano i “diavoletti”

All'età di circa quattro anni ha cominciato a comportarsi in modo strano: si buttava per terra, sbatteva la testa, mordeva, sia me che se stessa. Stava diventando sempre più difficile da gestire. Era attratta dal pericolo, o forse voleva solo maggior attenzione. Uno degli esempi molto semplici: quando la accompagnavo a scuola, appena vedeva avvicinarsi un'auto, scappava dalla mano e andava in mezzo alla strada. Era un attimo. Lei in mezzo alla strada e il mio cuore in gola. Menomale ci sono arrivata in tempo tutte le volte. Ma la cosa più pressante erano le continue ribellioni, che finivano con i morsi, pizzicotti e colpi di testa che batteva per terra o sui muri. Con il tempo ho dovuto escogitare un metodo di contenimento. Una volta che era a terra, mi mettevo a cavalcioni sopra di lei, le tenevo le mani, le braccia allargate perché non potesse mordersi o arrivare a strapparsi i capelli, la mia testa appoggiata sulla sua, perché non potesse sbatterla per terra. Tutto questo perché non si facesse del male. Alla fine ho pensato che fosse il caso di rivolgermi a qualche medico. Ovviamente tutto questo da sola. Il primo, uno psichiatra appena sentita la diagnosi di base, cioè galattosemia, ci ha mandate dal neuropsichiatra. Qui, una volta ripetuta la diagnosi e descritto il comportamento, la soluzione che mi è stata proposta era quella di sedarla per calmare le sue “turbe comportamentali”. Detto, fatto. Iniziamo con i calmanti.  E se uno ci crede, funzionano. Ma non tutti i medici sono dello stesso parere, e anche se il problema è lo stesso, le soluzioni che vengono proposte si differenziano tra loro.  La cosa che ho notato tante volte, e che crea nei genitori non poca confusione, è il fatto che i medici troppo spesso hanno dei pareri discordanti. Alla fine questo è controproducente per il paziente. I medici e i genitori confusi non sono di nessun aiuto. A questi ultimi spetta anche il dovere di decidere quale cura scegliere e se la medesima non funziona, sono i primi a sentirsi in colpa. Penso anche che la maggior parte dei medici non si rende nemmeno conto dei danni che questo atteggiamento comporta. Un discorso è confrontarsi con un collega, diverso è dire che l'altro non ha capito nulla.

Ma torniamo da Karolina e alle sue performance.

Il balcone.

“C'era una volta, in un bel giorno d'estate una bambina”…. Fine della favola, ora torniamo nella realtà. La mamma l'ha rimproverata, certo non senza un motivo. Sono dell'idea che il fatto che mia figlia abbia una disabilità non la autorizza affatto a fare tutto quello che le passa per la testa. Anzi, visto che il mondo non è dei più amichevoli il fatto di avere delle regole la aiuterà sicuramente a sopravvivere.

Ma ritorniamo alla sua reazione. Stranamente niente lamenti, niente morsi o pizzicotti. Giro la testa e la intravedo sul balcone: ginocchia sul muretto, le mani sulla ringhiera. Siamo al terzo piano. Un manuale!!!!! Non credo che ci sia, magari lo danno solo per i bambini “semplici” e lei non lo è affatto. Una bella dose di pazienza, intelligenza, inventiva, tutti i sensi sugli attenti, non è il momento giusto per il panico. Ma devi pensare velocemente e soprattutto reagire in modo da non spaventarla ma anche in modo di non darle la possibilità e il tempo per buttarsi. Ma forse non si vuole buttare? Meglio non aspettare la risposta. Lo scorrere del tempo è relativo, soprattutto nei momenti come questo. L'attimo infinito. Arrivo da lei, non so nemmeno in che modo, la prendo in braccio, ci sediamo sul pavimento e le lacrime scendono da sole. A entrambe. Non so cosa stesse pensando. I pensieri e i sentimenti di Karolina sono molto difficili da captare. Soprattutto per la scarsa capacità di esprimersi verbalmente. Con gli anni ho imparato molto bene a decifrare il linguaggio del corpo, non solo del suo, ovviamente. Questo mi crea qualche problema perché spesso questo linguaggio smentisce le parole. Il corpo non mente, le parole sì.

E le persone non sono molto contente se glielo dici in faccia che ti stanno mentendo.

L'episodio del balcone si è ripetuto alcune volte, prima che mi decidessi a chiedere aiuto. Non a un medico qualsiasi ma a una dottoressa che dovrebbe conoscere bene questo campo: neuropsichiatra infantile. Racconto l'accaduto. Sentite la risposta:

- “Ma è una cosa buona”.

- “Scusi, ha capito bene? Mia figlia, appena si arrabbia, sale sul muretto e minaccia di buttarsi giù dal terzo piano”.

- “Si, è una cosa buona. Si tratta di una reazione”.

- “E non le sembra un po' esagerata come reazione?”

- “Forse sì. Ma è pur sempre una reazione”.

Mi giro verso Karolina e dico: - “…andiamo, mi sa che qui non ci daranno nessun aiuto”.

Menomale che poi questo comportamento è passato da solo.

 

Krystyna Kubaczewska

 

 

(BEN)VENUTA IN SICILIA

 

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