Storia di Vita Vera: ''Dentro l'oscurità'' (Quarta Parte)

DENTRO L'INFERNO

Sono cresciuta in un carcere di massima sicurezza perché mio padre negli anni ‘80 era  comandante della polizia penitenziaria, diciassette anni di vita vissuta sotto scorta, quella caserma è stata il mio “grande” inferno.

Impressi nella mia mente frammenti di un passato che non potrò mai cancellare, indelebili resteranno i ricordi  nei miei occhi è ancora scolpita la paura e sul mio volto trapela un leggero sorriso come a voler mascherare tutto quell’incubo.

La vita , una scommessa con il destino a volte  “beffardo” che mischia le carte in tavola per vedere fino a che punto una persona può resistere al dolore, il dolore dell’anima, essa mi aveva già colpito dal momento della nascita: rimasta sola in un orfanotrofio; poi, con il passar degli anni, dopo che avevo ritrovato “in parte” la mia famiglia, decide che per me non era ancora finita, doveva temprarmi ad essere quella che come sono diventata oggi: una donna forte.

La mia vita una lunga e tortuosa strada, nelle difficoltà ho trovato la mia grande forza. Dovevo rialzarmi perché dovevo… ricominciare a vivere.

Io, come molti bambini non ho avuto da subito la fortuna di nascere in un contesto famigliare, infatti nasco da una storia extraconiugale, i miei genitori avevano entrambi delle rispettive famiglie con prole ed io non saprò mai se quello che univa mio padre e mia madre in quel periodo sia stato un “vero” amore ma sta di fatto che da quella unione sono nata io, inconsapevole di quanto fuori la vita per me sarebbe stata cattiva. I miei nove mesi in quel grembo materno sono stati l’unico momento di vero amore che mi teneva unita a mia madre e credo che per lei non sia stato facile proseguire la gravidanza ma trovò lo stesso la forza di portarla a termine.

Dopo nove mesi venni al mondo e quello fu l’ultima volta che la vidi. Infatti, forse spaventata decise di abbandonarmi, di non portarmi a casa con lei con la sua famiglia. Così almeno da come mi è stato raccontato, all’inizio venni affidata ad una balia per poi essere portata in un orfanotrofio, quelli sono stati i tre anni più bui della mia vita, non  ricordo nulla credo di aver rimosso per il troppo dolore. E poi in tutta questa situazione c’era mio padre che viveva tra l’orfanotrofio e casa sua. Sempre presente almeno da come mi hanno raccontato. Dopo tre anni di solitudine decise di rompere quel muro di sofferenza che si portava dentro parlando alla sua famiglia di me, così decise di portarmi a casa fra loro.

Per un breve periodo rimasi in famiglia per vedere come mi sarei trovata, ero felice avevo tre o quattro anni finalmente non ero più sola, avevo soprattutto una MAMMA. Dopo quel periodo di “prova” venni nuovamente riportata in istituto in attesa che tutte le carte fossero pronte.

Avrei avuto una vera famiglia dove con loro avrei condiviso tutte le feste, e tanti altri momenti.

Nei miei occhi c’era la gioia, l’euforia per una grande novità. Una sorpresa che  piano piano ti attraversa l’anima. Emozioni senza tempo, che non hanno parole,  forti, belle, delicate perché erano le emozioni di una bambina.

Riconosciuta da mio padre, adottata da mia madre, eccomi arrivata nella mia nuova vita.

Difficile dimenticare il dolore della solitudine che avevo passato anche se non ricordavo nulla, dentro di me sentivo un grande vuoto che riuscivo solo a colmare piangendo… piangendo in silenzio, nella notte dove le lacrime scendevano piano piano sul mio viso.

Ero una bambina ferita, colpita da un dolore che si sarebbe portata dentro per tutta la vita. In questa nuova famiglia avevo trovato calore, tanti giochi, non mi mancava niente, quando mi prendevano in braccio timidamente arrossivo per l’emozione che qualcuno finalmente mi amasse veramente come avevo sempre desiderato.

Fino a sei anni rimasi a vivere a Torino, una maestosa città che non ha bisogno di altri aggettivi per essere descritta. Avevo iniziato ad andare a scuola, sembravo felice ma ogni tanto ritornava dentro di me quel vuoto che avevo che non sapevo da dove venisse so solo che mi procurava solo tanta tristezza. Quanto ho pianto, avevo un dolore nell’anima che non riuscito a colmare, cresceva giorno dopo giorno.

Dopo un paio di mesi mio padre venne trasferito in un'altra città per comandare un carcere di massima sicurezza. Da lì iniziò il mio vero inferno.continua...

 

Loredana Berardi

 

STORIA DI VITA VERA: "DENTRO L'OSCURITÀ" (TERZA PARTE)

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