Gina: ”Torno dal violento, altrimenti non rivedrò più i miei bambini”

All’indomani del sit-in promosso da Cgil, il comitato “La Pas non esiste, ma il fatto sussiste” e Uil, per chiedere l’immediata sospensione dei procedimenti di allontanamento di minori che si rifanno al costrutto dell’alienazione parentale, riceviamo e pubblichiamo il grido di dolore di una mamma che ci aveva già contattate per chiedere aiuto.

Gina (nome di fantasia) è una donna che ha subito violenza per anni. Botte, minacce e insulti di ogni tipo, erano la sua quotidianità, poco importava a suo marito se erano presenti i loro bambini, il suo obiettivo era annientarla psicologicamente e fisicamente. Nel 2017, Gina trova finalmente la forza di denunciare tutto l’orrore subito, all’epoca i suoi bambini avevano 5 e 3 anni.

“Decido – dichiara Gina - di farmi assistere da un avvocato e tutto viene messo agli atti, dai messaggi vocali di minacce di morte, ai referti medici delle lesioni fisiche dovute alle percosse. Nel frattempo, però, mi ritrovo ad aver perso la casa, dove risiedevo con i miei figli, a causa dei debiti contratti dal mio ex. Stanca, avvilita, distrutta fisicamente e interiormente, ho avuto un crollo emotivo e sono finita per 4 giorni in ospedale. Il mio corpo mi ha abbandonata, ma solo per poche ore. Nel referto delle dimissioni viene scritto che ho avuto un crollo da stress; ci tengo a precisare che i piccoli, in quei giorni, sono stati accuditi dai miei genitori. Mi sono ripresa subito, perché una mamma non può essere debole e fragile. Ho continuato a lavorare e cercare una normalità, soprattutto per i miei bambini. Vengo, poi, contattata dai servizi sociali e viene fatta una relazione al giudice dove c’era scritto che i bambini dovevano essere collocati presso il padre, perché la mamma si doveva riprendere psicologicamente. Nonostante io abbia fornito la documentazione medica dello psicologo e dello psichiatra, per dimostrare che ero nelle mie piene capacità mentali ed in grado di provvedere ai bambini sia economicamente che emotivamente, viene ugualmente disposto dal giudice il collocamento dei bambini presso il padre, perché la mamma lavora e, a loro giudizio, è ancora fragile emotivamente. Da quel momento in poi ho potuto vedere i miei piccoli solo due ore in un pomeriggio della settimana e per 3 week end al mese dal venerdì pomeriggio alla domenica sera, con rientro presso il padre alle 19:30. Credetemi, non sono stata uccisa tutte quelle volte che mi ha insultata, denigrata, soffocata, sbattuta a terra, trascinata per i capelli da una stanza all’altra, ma sono stata colpita dritta al cuore ora, da una giustizia che non può essere chiamata tale. Ho denunciato come mi è stato detto, ma ho perso il diritto di vivere i miei figli, come posso spiegare loro quello che è successo?”

Gina ha fatto ricorso, ma ha perso anche in Corte d’Appello.

Quello che segue è il messaggio che mi ha inviato questa mamma coraggio, la cui unica colpa è quella di voler proteggere i suoi bambini sempre e comunque, sacrificando la sua stessa vita per poter essere al loro fianco.

“Ciao Lucia, dopo aver perso anche in corte d'appello ed essere stata trattata per l'ennesima volta come una povera madre stressata e con poche forze, sono giunta ad una scelta. I miei bambini sono stremati, stanno male e nessuno fa nulla per loro. Il grande ha urlato talmente forte a casa di suo padre che ì vicini hanno chiamato le forze dell'ordine, arrivata là, mi hanno solo detto che se tutto questo non finiva avrebbero nuovamente avvisato i servizi sociali. Nessuno aiuterà i miei bambini e neppure quelli di tante mamme come Laura Massaro e Ginevra Pantasilea Amerighi. Non posso neanche pensare che vengano messi in casa famiglia e, quindi, con grande vergogna per me stessa e disprezzo per i tribunali e per la giustizia Italiana, scelgo di tornare dal violento. Non manderò i miei figli al patibolo da soli, loro staranno con me. Cercherò di non farlo arrabbiare e di proteggere i bambini, senza far vedere le violenze. Mi dispiace, mi sento uno schifo, tornare indietro dopo tutto quello che ho cercato di fare per avere una vita serena con i miei figli, mi fa stare male, ma non ho altra scelta. Oggi posso dire: "Ho perso tutto, soprattutto la mia dignità, ma sarò sempre accanto ai miei piccoli e se tutto andrà bene, potrò vederli crescere e diventare uomini. Grazie del supporto che mi avete dato, continuerò a seguirvi e spero che prima o poi tutto questo schifo nei tribunali, servizi sociali e altre sedi possa finire. Chiedo scusa a tutte quelle mamme che stanno combattendo anche a nome di altre mamme come me, ma non ce la faccio più a vivere così, il terrore che me li portino via è maggiore della paura che ho delle botte. Grazie Lucia Ottavi”.

Non chiamatela Giustizia, vi prego! Non c’è niente di giusto in una mamma che è costretta a tornare a casa nella consapevolezza che riceverà violenze di ogni tipo, perché NESSUNO è stato in grado di proteggerla. Due anime innocenti sono state costrette ad andare a vivere con un padre che, credetemi, faccio fatica anche a chiamare tale. Perché? Spiegatemi, perché? Io non lo comprendo. Io non riesco a capire come certa gente riesca a dormire la notte, dopo aver compiuto una tale atrocità: separare dei bambini dalla loro madre. “Sui bambini non si PASsa”, #mobasta.

 

Articolo a cura di Lucia Ottavi

 

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