La scelta tra sciocco e più sciocco

Ma torniamo a Karolina. Facciamo gli esami, arrivano i risultati. Troppi asterischi, troppi valori alterati. Chiamo in ospedale. Mi rispondono che dobbiamo tornare subito.

“Ma se siamo state da voi per 23 giorni e non avete fatto niente”.

“Allora vada in un altro ospedale al più presto, la piccola sta andando in blocco renale”.

Non va bene, giro di telefonate.

Troviamo un ospedale abbastanza vicino.

Arriviamo nel nuovo posto. Arrabbiata, preoccupata e delusa. E ora mi tocca iniziare tutta la spiegazione da capo. Non è per niente facile raccontare anni di vita e di problemi in sintesi. Ormai mi sono abituata, anche gli anni si sono fatti quasi 24.

Qui ancora non ci conoscono, ma io ovviamente non ho tempo da perdere.

Arriva un ragazzo.

“Buongiorno”.

“Buongiorno”.

“Mi dica, signora, come mai è qui?”

“Perché se devo trovare degli incompetenti al nord o degli incapaci vicino a casa, vengo qui, che faccio prima. Scusi, ma lei chi è?”

“Sono il dottor Roberto Ch.”.

“Ah, un dottore, non l'avrei detto. Mi dica, dottore, quanti pazienti con galattosemia ha visto?”

“Nessuno”.

“Che cosa sa di questa malattia?”

“Poco, quello che posso ricordare dai libri universitari. Ma mi posso informare. Anzi, mi piacerebbe seguire un paziente così particolare.”

“Allora va bene”.

Il fatto di aver ammesso di non sapere è stato un punto a suo favore. Umiltà e curiosità insieme portano a degli ottimi risultati.

E pensandoci oggi credo che sia stato il primo e forse l'unico a non farmi sentire inferiore solo per il fatto che il camice lo indossava lui e non io.

“Dottore, visto che lei si deve rimettere a studiare, potrebbe portare qualcosa anche per me. Le persone mi fanno delle domande e io non ho le risposte.

Che ne sarà di Karolina?”

Tutti noi vorremmo sapere che futuro aspetta i nostri figli, lei aveva all'epoca circa 7-8 anni. Ma la nostra vita era un enigma molto complesso. Non pensavo cosa avrebbe fatto da grande ma se sarebbe riuscita ad imparare a contare, a usare i soldi, se avrebbe continuato a camminare e vedere (uno degli effetti collaterali della malattia è la cataratta), e così via... che cosa  ci porterà domani?

Mi porta diversi libri.

“Legga, è tutto quello che sono riuscito a trovare”.

“Ho letto? Sì. Capito? No”. Una nuova lingua, il “medichesco”; il dottore sapeva già e  per quello mi ha detto:

“Se ci sono dei termini che non conosce, chieda pure”.

Non c'era bisogno di ripeterlo. Ho sottolineato tutte le parole strane. Finito il turno di lavoro si è fermato a tradurle in italiano: ittero, epatomegalia, splenomegalia, poliuria, polidipsia. Oggi mi sembrano i nomi dei parenti stretti ma all'epoca non mi dicevano niente. Bravo, grazie ancora.

Abbiamo iniziato questo viaggio insieme e per la prima volta ho sentito che la salute di Karolina non interessava più solo a me. Dove “interessare” voleva dire soprattutto “preoccuparsi”. La frase che di più si adatta a questo medico è: lui cura i pazienti e non le malattie. E c'è una bella differenza. 

Rieccoci dalla nostra paziente. Dobbiamo sospendere il farmaco contro l'epilessia e valutare bene la situazione dei reni. Per questo abbiamo bisogno di un altro specialista, neuropsichiatra.

Il Dottore Ch. è un nefrologo.

Inizia il balletto.

La prima visita dal nuovo dottore.

“Dobbiamo stare attenti”.

“In che senso?”

“Se ha avuto le convulsioni da epilessia, la sospensione potrebbe accentuarle”.

“Ok”.

Se lo dice il dottore...Ma come abbiamo già detto questo non era il nostro caso.

Passano due anni prima che riusciamo a chiudere questo capitolo. Non perché le crisi fossero più frequenti, ma solo per il modo di gestire la problematica. Facciamo l'esame, il risultato parte dal tecnico che lo fa materialmente, arriva al medico che segue il paziente, quello deve chiedere la conferma al professore e passa troppo tempo. Almeno secondo il parere del prof, il quale consiglia di rifare di nuovo l'esame. Allora, rifacciamo tutto da capo. Dopo due anni di questa vita mi sono rivolta ad un altro centro. Dal giorno seguente il nostro ricovero e ovviamente dopo aver fatto l'esame, come si deve, cominciamo a sospendere il veleno. Anche se nel frattempo i problemi renali non si sono risolti, tutt'altro.

Ennesimo controllo. Karolina ha circa otto anni.

Torniamo al lavoro del nefrologo.

“Allora dottore, che cosa succede, che problemi ci sono, dove andiamo?”

“La bambina ha l'insufficienza renale. Il decorso sarà il seguente: l'insufficienza cronica, la dialisi e se va "bene" il trapianto. Francamente non so che cosa ha portato a questo stato di cose, ma queste malattie, malattie renali, le conosco bene”.

Alt, alt: dialisi, trapianto? Posso scegliere un’altra busta? Non mi piaceva affatto ciò che avevo appena sentito.

“Cercheremo di farla “durare” il più a lungo possibile”.

Certo che IO non posso rimanere ferma ad aspettare.

Partono tutti i ragionamenti del caso.

Mi faccio le domande e cerco le risposte.

Dottore: ma se andassi dal prof, tal dei tali; se la portassi in quel posto...; ma se chiedessi a ...; ieri ho sentito in TV che...”

“La capisco, e dico che in qualunque centro lei si recherà, le risposte saranno le stesse. Certo, non le posso proibire di chiedere un altro parere, ma tenga presente che lei non andrebbe da sola, ma con la piccola. Deve valutare bene se ne vale la pena, e non sia soltanto un’ulteriore sofferenza.

Qui si capisce la differenza tra i semplici medici e i medici-persone: curare le malattie o i pazienti. Da queste, soltanto all'apparenza, piccole cose.

Ricordo un'altra frase che ha aggiunto: “Lo so che se le dicessi che sulla Luna si trova la cura, lei farebbe di tutto per andarci, ma non è così.”

Credo che avesse ragione. Mi piaceva il fatto che mi prendesse sul serio.

Il tempo non lo ha smentito. Andava tutto secondo il copione. Il fatto di dover fare spesso i controlli non poteva passare inosservato, senza incidere in modo importante sull'umore della piccola. Era uno stress continuo anche per me..continua….

 

Krystyna Kubaczewska

 

 

 

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