Erika D'Orazio: La Fisioterapia è la mia missione

Ciao Erika, iniziamo questa intervista parlando un po' di te e del tuo lavoro. So, visto che io e te ci conosciamo molto bene, che sei una fisioterapista molto apprezzata, vivi e lavori in un piccolo comune abruzzese, San Benedetto dei Marsi (AQ) e, cosa molto particolare, consideri il tuo mestiere una vera e propria missione. Questo naturalmente ti fa onore. Raccontaci la tua storia e, soprattutto, come è nata questa passione per la fisioterapia.

"Diciamo che la passione per la medicina, l'ho sempre avuta. Fin da ragazza, mi sono sempre interessata alle scoperte scientifiche e mediche che avrebbero potuto dare sollievo alle persone malate e sofferenti. Mi sono diplomata al Liceo Classico “A. Torlonia” di Avezzano (AQ), con l'intenzione di iscrivermi, subito dopo, alla Facoltà di Fisioterapia e così ho fatto. Inizialmente ho avuto delle difficoltà ad accedere, in quanto c’era il numero chiuso, ma non mi sono persa d’animo, ho pensato che avrei tentato l’anno successivo. Purtroppo, non è andata come avrei voluto ed ho iniziato a lavorare negli uffici turistici della Regione Abruzzo, maturando un'esperienza lavorativa che è durata diversi anni. Nel frattempo mi sono sposata, ho avuto la mia prima bambina, Swami, e poi ho saputo che ad Avezzano si stava attivando un indirizzo universitario in Fisioterapia. Il mio sogno si stava ripresentando davanti ai miei occhi e non potevo non tentare nuovamente. Questa volta, però, sono riuscita a superare il test di ammissione e ad iniziare il mio percorso da studentessa. Mai avrei immaginato di potermi riscrivere all'Università con una bambina di 18 mesi e con un lavoro da portare avanti. All’inizio ho pensato che questa impresa era folle, troppe cose da affrontare tutte insieme, quando invece ho cominciato a raccogliere i frutti di tanti sacrifici, mi sono detta: ”Ce la posso fare, sarà dura ma non posso mollare”".

 

Mentre facevi la mamma, la moglie, la donna di casa, lavoravi e studiavi, sei rimasta incinta della tua seconda bambina.

"Esatto, ho cominciato ad avere dei dubbi, perché già ero molto impegnata, pensavo che sarebbe stato quasi impossibile studiare con un'altra bambina. Poi è nata Cristel e mi sono detta: "non puoi mollare proprio ora". La spinta a continuare, ad andare avanti, me l’hanno data proprio le mie figlie, non avrei mai potuto dare loro un esempio negativo, quello di arrendermi, di non avere avuto la forza di realizzare il mio sogno. Quindi, mi sono rimboccata le maniche e, grazie anche all’aiuto di mio marito Santo e mia madre Vincenza, a giugno del 2011 mi sono laureata con 110 e lode in Fisioterapia, con i complimenti dei professori che mi avevano seguito, perché loro sapevano quanto impegno io ci avessi messo".

 

Complimenti Erika, io insieme a te ho vissuto tutto questo, quindi ci tenevo ad intervistarti, perché sei un esempio da seguire. Nella vita spesso si pensa di non avere la forza per affrontare determinati ostacoli, quando invece ognuno di noi ha quella carica che, se indirizzata nel modo giusto, ti può portare a superare tante difficoltà. Ho detto questo perché so che tu hai avuto una paziente speciale, che ti è rimasta nel cuore, come tutte del resto, conoscendoti, ma in lei hai visto qualcosa di unico. Vi siete trovate. Avete iniziato un percorso insieme che vi ha portato fino al raggiungimento della meta prefissata. Ci racconti questa storia meravigliosa?

"Si. Ho conosciuto questa giovane donna di 34 anni subito dopo la laurea. Lei era affetta dalla sclerosi multipla e faceva molta fatica a muoversi. Un giorno, mentre stavamo facendo fisioterapia, è scoppiata a piangere, sarebbe dovuta andare al mare, ma aveva il timore di non poter camminare con sua figlia sulla sabbia, aveva problemi di equilibrio. Io non mi sono scoraggiata, con lei avevo un feeling eccezionale, ci guardavamo negli occhi e comunicavamo senza dirci una parola. Per questo anziché fare la solita terapia per il rinforzo muscolare e quant'altro, siamo andate ad esercitarci nei campi all’aperto, in terreni dissestati, salivamo e scendevamo le scale. Certo all'inizio è stato faticoso, però, dopo un mese di allenamento, lei è andata al mare con sua figlia e quando ha fatto la prima passeggiata sulla sabbia mi ha mandato un messaggio: “Erika ce l'abbiamo fatta”. E’ stato in quel preciso momento che ho capito che la fisioterapia non è solo saper usare gli strumenti, i macchinari, le mani, è anche dare al paziente la speranza di potercela fare e la fiducia la riesci a comunicare soltanto se tu ci credi più del paziente. Questo mi è capitato anche con un paziente oncologico, io ho creduto che ce l'avrebbe fatta più di lui".

 

Grazie Erika.

"Grazie a te Lucia".

 

 

Articolo a cura di Lucia Ottavi

 

 

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