Noi diversamente abili ogni giorno

Sì può essere disabili per cause assai diverse tra loro; già, personalmente, contesto il termine stesso: dis-abile quindi non abile, non capace. Non abile in cosa? Non capace di cosa? Premetto che l'unica, vera, grande e spesso irreversibile Disabilità è quella di coloro che agiscono “senza cuore” o, ad ogni modo, provvisti di uno scarso sentire; che si muovono nella realtà quotidiana con la carenza o quasi, di calore umano, empatia, considerazione delle altre persone quasi nulla o addirittura manipolatoria. Coloro che invece, dalla nascita o per sopraggiunte gravi situazioni, si ritrovano a qualsiasi età in oggettive difficoltà fisiche e non (e siamo in tanti, tantissimi nei Paesi poveri), sono esseri umani, persone, costrette dalle circostanze, a vivere la loro vita, il loro tempo con maggior fatica, spesso con una certa sofferenza fisica e sociale rispetto ai cosiddetti normodotati. Che poi anche questo termine m'aggrada fino ad un certo punto... Riferendomi alla realtà italiana, si parla all'incirca di 3 milioni di persone in tale condizione. Ovviamente sono presenti livelli diversi, quantitativamente e qualitativamente, di difficoltà; la realtà di chi non può camminare affatto è presente a tutti: donna o uomo che utilizzano una carrozzella, in casa o all'esterno, per potersi muovere; oppure quella di coloro completamente privi della vista. Unitamente a queste gravi difficoltà, visibili a tutti, coesistono diversi livelli di altre difficoltà, e non mi riferisco a problemi di salute che coinvolgono tante persone bensì a condizioni di limite, nel movimento e/o nel compiere gesti che per la maggioranza non sono certo un problema. C'è una parola chiave: visibilità. Non è diversamente abile soltanto chi si muove in carrozzella o chi è cieco; ci sono condizioni di vita simili (e non ho detto uguali e nemmeno confrontabili, anche perché nel mio modus pensandi evito attentamente i confronti, di qualsiasi cosa si stia parlando) e spesso non visibili in cui la persona interessata conduce la sua vita con, in più, lo scetticismo o, più spesso, il disinteresse altrui riguardo le sue possibilità (capacità) residue. Non intendo ora vertere sul personale; affermo soltanto che, da quando (ed ormai sono quarant'anni) si manifestarono le mie ingravescenti difficoltà, le persone che le hanno riconosciute e quindi rispettate sono state in numero nettamente inferiore rispetto alle altre.

Un punto cruciale mi interessa invece affrontare: la più che diffusa mentalità che, quelli come noi, in toto, non abbiano diritto, quando ne sono in grado, di svolgere un'attività lavorativa e quindi non abbiano diritto all'Autonomia economica. Prevale, tra i vari oscurantismi del nostro bel Paese, l'atteggiamento assistenzialista con la gamma di aspetti e criticità che presenta oppure il, letteralmente, "mollare alla guazza" la Persona in condizione di difficoltà. E vogliamo parlare dei tanti genitori comprensibilmente preoccupati o anche angosciati pensando al futuro, senza di loro, di una figlia o di un figlio diversamente abile? L'autonomia economica non può e non deve essere preclusa a chi non e6in grado di lavorare e, signori miei, non è certo possibile vivere con le misere cifre che lo Stato (di diritto?!?) versa a determinate persone. Inoltre c'è qualcos'altro che metto in discussione e che considero deleterio per i diversamente abili: succede che atleti, appunto diversamente abili, raggiungano successi considerevoli e questo è positivo ed ammirevole; non lo è invece il martellamento che i media propinano insistendo sull'eccezionalità esemplare di tali persone. Ciò, a mio parere, fermo restando il riconoscimento della loro bravura, fa sì che la quasi totalità delle altre persone rischi di sentirsi una m..... Pensiamo, per chiarire meglio, quando nella normalità viene fatto uso di frasi del tipo-Hai visto cosa è capace di fare il tal Pinco Pallino? E tu invece fatichi persino ad allacciarti le scarpe. - Andiamoci piano. Molto piano. Occorre attenzione, quella vera, per chi vive una vita diversa; occorre conoscenza, comprensione e tanta delicatezza: occorre Rispetto. Alimentiamo una cultura della Solidarietà, non solo verso i più fragili, bensì in generale. Solidarietà che incrini questa grigia atmosfera del-ognuno coltiva il proprio orticello-. C'è bisogno di ampliare gli orizzonti della mente e soprattutto quelli del cuore, del sentire. Occorre mettersi in movimento per un futuro di speranza nonostante certe preoccupanti, oggettive realtà. Utopia? Affatto. È possibile. E noi, diversamente abili, lo siamo ogni giorno.

 

Articolo a cura di Daniela Monozzi

 

 

 

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