Martedì, 08 Dicembre 2020 12:27

Trillino Elfo Birichino

Mancavano pochi giorni a Natale e quell’anno cominciò a nevicare e a fare freddo già dai primi di novembre e stalattiti di ghiaccio brillante scendevano dalle grondaie dei tetti. Da qualche giorno Sofia aveva un forte raffreddore e un po’ di febbre, quindi doveva stare nel letto al caldo. Il medico le aveva dato da prendere uno sciroppo che la mamma, Annina, le dava la mattina e la sera accompagnato da una tazza di latte caldo con il miele. Il fuoco guizzava nella stufa della sua cameretta e Sofia passava la giornata a giocare con le sue bambole e a leggere i libri di fiabe che gli aveva portato lo zio Gosto da Firenze. Quella sera l’aria era particolarmente fredda e la piazza, che vedeva dalla sua finestra, era completamente ghiacciata. La mamma le portò il latte caldo e, dopo averle raccomandato di spegnere la lampada quando avesse finito di leggere, le augurò la buonanotte. Il latte era ancora bollente e la bambina riprese il suo libro di storie quando sentì come bussare al vetro. Lì per lì non ci fece caso, ma poi il rumore si fece più insistente insieme al trillo di un campanellino. Si alzò da letto e guardò dal vetro, ma non vide nessuno perché la parte esterna era ghiacciata. Stava per tornare a letto quando sentì chiaramente una vocina che disse: “Ma insomma, mi vuoi aprire che sto congelando qua fuori?” Sofia aprì piano piano la finestra e vide una figuretta che in un battibaleno saltò dentro casa. “Meno male che hai aperto, stavo congelando. Brrr che freddo! Hai niente da mangiare?”

La bambina non rispose, era rimasta a bocca aperta nel vedere quel ragazzino microscopico con uno strano cappello verde in testa, un giubbottino rosso e una grossa sciarpa al collo e delle alucce brillanti.

“Chi sei?” disse con un filo di voce la bambina.

“Sono un elfo, mi chiamo Trillino e ho freddo e fame! Per piacere, mi daresti qualcosa da mangiare?” Sofia non credeva ai propri occhi, ma non stava sognando. Prese una tazzina di porcellana dalla sua casa delle bambole, un piattino e un tavolino con una sedia minuscola che mise sulla scrivania. Ormai il latte era caldo al punto giusto e con il cucchiaino riempì la tazzina. Poi fece dei pezzetti di biscotto e li mise nel piattino. Trillino si sedette a tavola e in un attimo spolverò tutto. “Oh, grazie Sofia, ora sto bene! Lo sapevo che eri una brava bambina”.

“Lo sapevi? E come sai il mio nome?”

“Noi elfi sappiamo tutto degli umani, del bene e del male che purtroppo fate. Io non avevo mai visto il vostro mondo, così ho preso al volo la carrozza che passa dal Giogo e sono arrivato in questo paese. Pensavo di tornare a casa volando, ma questo gelo mi ha congelato le ali, per fortuna sono caduto sul tuo davanzale”.

“Ma i tuoi genitori non saranno preoccupati per te?” domandò Sofia.

“Non ci sono per stanotte, fanno i turni nei laboratori di Babbo Natale, ma se non mi trovano casa quando tornano saranno guai”.

“Puoi prendere la diligenza per la Romagna domani mattina presto, qui dalla piazza. Beppe il cavallaio suona il corno per avvertire che sta partendo” disse Sofia.

Trillino annuì e si accomodò al calduccio nel lettino insieme a lei. Il nuovo amico le raccontò storie incredibili di animali parlanti, di oceani popolati da sirene e degli alberi del bosco che conversano tra loro.

Il suono del corno svegliò Sofia. Era ancora buio e doveva fare un gran freddo fuori. Trillino bevve gli avanzi del latte e mangiò altri pezzetti di biscotto. La diligenza era in piazza e i primi viaggiatori infreddoliti cominciarono a salire. Per il piccolo elfo e Sofia era giunto il momento di salutarsi: “Grazie di tutto cara amica” disse Trillino “voglio lasciarti qualcosa in mio ricordo”.

Lanciò una polverina colorata in aria e un campanellino dorato apparve da nulla. “Mettilo sull’albero di Natale e tornerò a raccontarti tante storie”.

Detto questo spiegò le ali e si nascose in un angolino della carrozza che partì riportandolo a casa.

Non so se Sofia ha più rivisto il suo amico Trillino, ma ricordo che la nonna ogni Natale faceva suonare la campanella dorata sull’albero.

 

Emerita Cretella

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