
Lei è Maria (nome di fantasia), una donna che ha subito violenza per anni e che oggi ci ha voluto lasciare la sua testimonianza.
“Sono una italiana di più di 40 anni, che durante gli anni della sua gioventù ha sperimentato purtroppo, violenza sessuale (a 23 anni da 2 uomini, mai denunciata per paura e minacce) e fidanzati Narcisisti, chi in un modo chi in un altro, per fortuna non violenti (con uno ho dovuto anche abortire). Nel 2007 conobbi l'uomo che poi diventerà il padre di mio figlio, che chiamerò X per diritto alla privacy, soprattutto di mio figlio.
Applicò immediatamente durante i primi 3 anni il love booming... purtroppo ho scoperto solo dopo la fine della nostra relazione cosa fosse.. Solo ora sono in grado di capire le tecniche di manipolazione che attuava, facendo leva sui miei bisogni, sulle mie speranze e sul mio bisogno di essere amata incondizionatamente. Usava manifestazioni deliberate di affetto elargite con estrema attenzione e soprattutto ad elevata intensità (mazzi di rose consegnati sul posto di lavoro, biglietti pieni di frasi di ammirazione e di amore, acquisti di qualunque tipo per convincermi a lasciare il mio appartamento per andare a vivere con lui, cene a lume di candela e petali di rose e tante altre cose dolcissime e che lo facevano apparire l'uomo perfetto ed innamorato). Le frasi tipiche che diceva sin dai primissimi momenti della relazione sono: “io e te abbiamo molto in comune”, “il nostro è un incontro del destino”, “tu non sei e non sarai mai sola”, “io ti capisco più di chiunque altro”, “sei una persona speciale”, “sei meravigliosa” e tutta una serie infinita di frasi lusinghiere. Tutto ciò al fine di farmi sentire amata, venerata e apprezzata. Io, in un primo momento, mi sentivo accudita e piena di attenzioni. Il problema è che lui non stava apprezzando realmente ciò che ero, ma l’immagine idealizzata che si era fatto di me.
La fase del Love Bombing è stata un’illusione, un gioco privo di contenuti reali. È stato tutto finto, come una quinta teatrale. Uno spettacolo di recitazione. Infatti, dopo la valanga di attenzioni e lusinghe, arrivò la seconda fase, quella della svalutazione, quindi offese e minacce in tutte le salse. Nella nostra relazione, il Love Bombing fu combinato con periodi di silenzio e distacco, soprattutto dopo la nascita del nostro primo figlio maschio nel 2010, il tutto per creare un senso di instabilità e insicurezza in me. Ho letto da qualche parte che si definisce, “rafforzamento intermittente”, un vero e proprio abuso psicologico che vede la combinazione di benessere e sofferenza. Una somministrazione periodica di amore euforico ed incondizionato con distacco e briciole d’amore. In questo modo fui inconsciamente indotta a ripetere quegli schemi che mi portano alla ricerca di approvazione: è così che egli continuò a controllare la mia vita e a tenerla sotto scacco.
Quando, nel pieno della fase piena di amore ed attenzioni, decidemmo di avere un figlio, con tanta felicità, senza nessun tipo di dipendenza, smisi anche di fumare immediatamente. Il nostro fantastico bambino, che ho cresciuto, allattato, svezzato e amato con tutta me stessa (oggi ha 11 anni), ha purtroppo subito nella sua giovane vita gli effetti negativi indiretti delle forme di violenza che il padre attuava nei miei confronti e quindi alleggiavamo sempre in un area di "timore" al suo rientro dal lavoro. Dopo la nascita del bimbo lui iniziò a cambiare in maniera drastica, mi isolo' da famiglia ed amici, mi convinse a vendere la mia macchina con la promessa di usare le sue vetture aziendali (per risparmiare, diceva, ma il fine era solo il mio isolamento totale), mi fece lasciare il mio lavoro di responsabile d'hotel con contratto indeterminato ed ottima paga, per andare a lavorare nella sua azienda, con la promessa di avere più tempo per me ed il bambino (assunta e pagata solo per due anni su 6 che ho lavorato per lui). Arrivammo col tempo all’ultima fase, la fase dello Scarto. In questa fase perse interesse, Il fatto di sapere io ci sarei sempre stata per lui fece sì che persi di importanza ai suoi occhi. Ma non sarà lui a metter fine alla relazione perché, per quanto diventata un nutrimento “misero”, come sua preda continuavo a nutrirlo e lui non intendeva rinunciarci. A questo punto il livello di interesse della relazione divenne talmente basso che il Narciso iniziò a non rispondere al telefono, ai messaggi, stava in silenzio per ore e giorni, mi ignorava praticamente, continuando a dare un’immagine di sé brillante alla gente, raccontando di viaggi, di locali che visitavamo e di una famiglia in apparenza perfetta.
Mi sentivo come in crisi d’astinenza, non mi spiegavo come un uomo che mi amava così tanto potesse essere cambiato così repentinamente. Spesso non riuscivo a funzionare, non ero più produttiva sul lavoro, mi ammalavo, perdevo chili, ho iniziato ad aver bisogno di compensazioni e fu così che scoprii il mio caro e viscido amico alcol. Mi tormentavo, non riuscivo a farmene una ragione e credevo di aver fatto qualcosa di sbagliato, rimanendo quindi intrappolata nella relazione tossica. L'alcol era diventato a quel punto la mia unica via di fuga da tutti i tipi di violenza che applicava su di me, da quella emotiva a quella quando fisica, iniziata con una scarica di pugni in testa nella primavera del 2012, con una regolarità all'inizio intermittente, con richieste di scuse i giorni successivi e lacrime di coccodrillo, divenuta poi col tempo mensilmente regolare fino all'ultimo anno della nostra relazione, quando fu quasi giornaliera (nell'ultimo mese della relazione sono andata al pronto soccorso per ben 4 volte).
Nel 2014 scopro, mio malgrado, di essere di nuovo incinta, seconda gravidanza vissuta nella paura, nel senso di colpa e nelle violenze fisiche che comunque continuarono, fino a quando mi colpì in pancia e scappai fuori casa, con una vicina che tentò di aiutarmi, ma fu poi da lui allontanata. Persi il bambino con una morte intrauterina a 3 giorni dal parto e dovetti purtroppo stabilito dalla legge italiana (!!!) partorire il mio bambino morto con parto naturale: una tragedia inspiegabile che durò quasi una giornata intera.
Ho deciso di lasciare quest' uomo a fine 2015 ed immediatamente ha spostato se stesso e il nostro bambino a casa dei suoi genitori, in modo che risultasse "proprietà privata", pertanto i carabinieri, dai quali mi recavo quasi giornalmente, non potevano fare nulla per farmi incontrare mio figlio… Passarono mesi in questa situazione, fino a quando ricevetti l’atto dal tribunale civile, tramite il quale il padre chiedeva l'affidamento esclusivo del minore a causa del mio presunto alcolismo. Per circa 2 mesi ho tentato di convincerlo a trovare un accordo senza ricorrere al giudice, ma non ne voleva sapere. Pertanto, senza nessuna via di uscita in vista ed assistita nel frattempo da Serd e Centro Antiviolenza, mi sono convinta a denunciarlo nel penale per tutti i maltrattamenti subiti nel tempo (2015).
Le udienze civili sono iniziate nei primi mesi del 2016, nel frattempo seguivo le terapie psicologiche e farmacologiche del Serd, rimanendo astinente per circa 3 anni. A nulla servivano le analisi e le relazioni positive del Serd davanti ai giudici del tribunale civile, hanno collocato il minore in maniera prevalente dal padre, principalmente perché in quel periodo non avevo un lavoro stabile (riuscivo però a mantenere me, mio figlio quando mi spettava 3 giorni a settimana ed un appartamento con 2 camere da letto con lavori saltuari).
Le udienze penali sono invece iniziate a distanza di oltre un anno dalla denuncia e quindi nel civile non riuscivo a risolvere granché, sia perché in Italia civile e penale sono due cose separate, sia perché tutte le relazioni prodotte dai servizi sociali della zona erano a favore di questo padre che si mostrava economicamente e psicologicamente più forte di questa mamma…. (sottolineo che il responsabile dei servizi sociali a noi assegnati era la migliore amica di sua madre, il marito, medico del P.S. ha anche testimoniato contro di me al processo penale). Ho dovuto anche sottopormi a quasi un anno di mediazione familiare, contro tutti i principi della Convenzione di instanbul ("non voglio neanche sentirne parlare" mi rispose il giudice quando la menzionai). Durante gli anni tra il 2015 ed il 2018 ho capito a cosa si riferivano le donne quando parlavano di rivittimizzazione delle vittime…. Comunque grazie alla mia astinenza riuscii dopo 4 udienze ad ottenere qualche giorno in più per avere mio figlio con me, seguendo i consigli dei miei ex legali, convinti che il raggiungimento di un accordo con il padre avrebbe fatto bene al minore. Io, ingenuamente, ma a malincuore e contro quello che mi diceva la pancia, firmai un accordo agli inizi del 2018 perchè dovevamo concludere il procedimento civile.
Dal giorno dell'apposizione della firma in tribunale, iniziarono continue e ripetute violazioni del provvedimento civile da parte del padre, ogni volta che toccava a me "scappavano" da qualche parte. Al posto di farmi denunciare i fatti ai carabinieri, i miei ex legali facevano "battaglie virtuali" via mail con l'avvocato del padre.. A nulla però servivano, vinceva sempre lui.. Io, allontanata da mio figlio da mesi, depressa, senza altre soluzioni in vista, mi sono rivolta di nuovo al mio vecchio amico alcol, fino ad uscire fuori strada con la mia autovettura con mio figlio e un altro minore, sbattendo per fortuna in maniera lieve contro una ringhiera. Tutti illesi, a due passi da casa mia, stavo per risolvere la situazione in maniera tranquilla con i vigili urbani. All'arrivo del padre, avvisato da mio figlio telefonicamente senza che lo vedessi, scattò la denuncia penale che ha portato nel 2021 alla perdita dell'affidamento e del collocamento di mio figlio in fase civile. Il giudice, dopo aver rifiutato la richiesta dei miei nuovi legali di nominare una CTU, mi ha lasciato solo il permesso di fare un incontro in forma protetta un giorno a settimana presso le sedi dei Servizi sociali, i quali mi hanno poi vietato di presentarmi davanti alla scuola di mio figlio, di andare alle riunioni che si tenevano in chiesa prima della Comunione e di telefonargli più di 2 volte a settimana… Vorrei anche sottolineare che lo zio del mio ex è un rinomato avvocato da oltre 40 anni, con conoscenze in tutti i tribunali che frequentavamo. In tutta questa orrenda situazione l'azione anti-mamma attuata dal padre e dalla sua famiglia sin dal 2015, ha portato i suoi frutti e mi sono ritrovata ad incontrare mio figlio (alla presenza di una educatrice) arrabbiato, deluso, amareggiato, che diceva cose orribili nei miei confronti (non voglio vederti mai più perché tu bevi, hai denunciato il babbo per avere soldi ma lui non ti ha mai picchiato, sei bugiarda e potrei continuare ancora…). Io non ho mai raccontato nulla a mio figlio di ciò che avveniva tra me ed il padre in tribunale, suppongo quindi che tutte queste frasi non siano state proprio "farina del suo sacco".
Con il disastro del covid_19 mi sono ritrovata sola, ogni scusa era buona per non farmelo vedere, ho dovuto addirittura fare il tampone nonostante fossi del tutto asintomatica, sempre con l'avallo dei servizi sociali. Posso asserire che in due anni avrò visto mio figlio forse 10 volte per poco più di un'ora. Sono sprofondata in una depressione profonda e forte, talmente da farmi prendere la decisione di entrare nella casa di Cura dove ero già stata, per la terza volta, dalla quale vi sto parlando e scrivendo. Ho compreso a malincuore la cronicità della mia malattia, curabile solo con l'astinenza totale, ed ho realizzato di aver bisogno di un sostegno per ricominciare una nuova vita lontana da tutta questa situazione, proprio nell'ottica di riprendermi presto mio figlio con un ricorso in fase civile”.
Grazie Maria per questa testimonianza. Grazie da parte di tutte noi.
Articolo a cura di Lucia Ottavi