Josephine Nivison, la donna che sacrificò l’arte per suo marito

Josephine Verstille Nivison, nota anche con lo pseudonimo di Jo Hopper, nasce a Manhattan il 18 marzo 1883. Il padre, Eldorado, era un pianista e cantante e sua madre, Ann McGrath, era uno spirito libero. Vive un’infanzia felice e caotica, frequenta la Normal College di New York per diventare maestra, ma la sua passione per l’arte è così forte che si iscrive anche alla School of Art.

Nel 1906 inizia a lavorare nelle scuole pubbliche, ma continua a coltivare il sogno di affermarsi come pittrice.

Nel 1914 fa un viaggio per conoscere i fermenti artistici e culturali in Europa e al suo ritorno per la prima volta espone le sue opere in una mostra collettiva ricevendo una citazione anche dal New York Times. Durante la Prima guerra mondiale fa teatro, cura i reduci come infermiera e inizia a collaborare con una rivista d’ispirazione socialista, “The Masses”.

Nel 1920 lascia definitivamente l’insegnamento grazie a una pensione ricevuta per la difterite contratta mentre curava come infermiera i feriti di guerra, e si dedica completamente all’arte, partecipa a diverse esposizioni che creano attorno a lei un grande interesse.

Nell’estate del 1923, a Gloucester, nel Massachusetts, una sorta di colonia di artisti, conosce Edward Hopper, anche lui allievo della School of Art di New York. Non essendo ancora un pittore affermato, lei lo aiuta a esporre e ben presto cattura l’attenzione dei critici, facendo scendere in secondo piano le opere di Jo.

I due si sposano il 9 luglio del 1924, ma cominciano subito i conflitti. Prima riguardo a un gatto che Jo amava ma che lui non vuole in casa sua, dove erano andati a vivere dopo il matrimonio, poi riguardo a un’automobile che, acquistata insieme, era guidata solo da lui perché l’unico ad aver preso lezioni di guida in quanto aveva vietato alla moglie di fare altrettanto. Inoltre le fece perdere tutte le amicizie e la costrinse a rinunciare alla sua carriera. La fama di Hopper intanto cresce, mentre Jo si annebbia. Soffriva il fatto che il marito non la incoraggiasse nella sua arte e che spegnesse ogni fiammella che si accendeva in suo favore. Questo continuo sminuire il suo lavoro la rende sempre più insicura, smarrisce la sua identità mentre continua a incoraggiarlo, sostenerlo e aiutarlo. Gli fa anche da modella, posa per tutte le sue opere dove compaiono figure femminili, anche se lui ne modifica le fattezze. L’unica volta in cui rappresenta sua moglie pittrice intenta nel suo lavoro di pittrice, nella tela “Jo painting” compare solo un braccio sollevato nell’atto di dipingere.

Nonostante le difficoltà rimangono insieme per oltre quarant’anni. Edward Hopper muore nel 1967, Jo il 6 marzo del 1968.

 

Articolo a cura di Lucia Ottavi

 

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