Indira Gandhi, la figlia dell’India

Indira Priyadarshini Nehru-Gandhi nasce in India, ad Allahabad, il 19 novembre 1917, in una famiglia di Kashmiri Pandit. Cresce in solitudine, poiché il fratello più piccolo muore giovanissimo, con un’infanzia segnata dall’assenza del padre, Jawaharlal Nehru, sempre via perché in lotta per l’indipendenza del Paese dall’impero britannico, e dalla debole salute della madre Kamla. Ogni membro della sua famiglia partecipava attivamente alla lotta per l’indipendenza: i nonni, gli zii, i genitori, che ciclicamente venivano arrestati. Da quando aveva quattro anni molte volte era rimasta da sola, perché tutti erano in carcere. Anche a causa dei periodi di prigionia la salute della madre era piuttosto cagionevole, e per un periodo di convalescenza la donna porta con sé la figlia in Svizzera. Qui Indira studia all’École Internationale di Ginevra e al rientro in India, a soli undici anni, fonda la Monkey Brigade, una formazione giovanile ispirata all’esercito Monkey del poema epico Ramayana, un movimento che ebbe un ruolo attivo e fondamentale nella lotta per l’indipendenza.

Nel 1934, quando aveva 17 anni, sua madre muore di tubercolosi. Conclude gli studi alla Visva-Bharati University, nello Stato del Bengala, e poi continua all’estero, presso il Sommersville College di Oxford in Gran Bretagna. Durante il soggiorno in Inghilterra si iscrive al partito laburista e comincia un’intensa attività a favore del movimento del Congresso indiano in cui entra nel 1938. Qui conosce un avvocato di Bombay, Ferozi Gandhi, omonimo, ma non parente, del Mahatma, che sposerà nel 1942 tra le polemiche, osteggiato da tutta l’India perché i due erano discendenti da famiglie di diversa religione. Anche il padre Nehru fu costretto ad accettare la scelta della figlia. I due coniugi, ambedue attivisti ferventi, furono arrestati solo sei mesi dopo le nozze con l’accusa di attività sovversiva.

Nel 1947 l’India ottiene finalmente l’indipendenza e Nehru fu nominato primo Presidente della Repubblica indiano. Nel frattempo Indira diventa madre e per un periodo si dedica interamente alla vita familiare, fino al 1955, quando le viene affidato l’incarico di prima collaboratrice del padre. I suoi impegni ufficiali aumentano tanto da mandare in crisi il suo matrimonio, ma i due coniugi, seppur sempre lontani, non divorzieranno mai, fino alla morte di lui avvenuta nel 1960.

Nel 1963 viene eletta Presidente del Partito del Congresso. L’anno successivo muore suo padre e tra i cambiamenti avvenuti lei si ritrova al Ministero dell’Informazione, per poi ritrovarsi Primo ministro alla morte del successore di Nehru, Lal Bahadur Shastri. Indira mise in atto un programma di redistribuzione delle ricchezze procedendo anche a una nazionalizzazione delle risorse minerarie e finanziarie. In un periodo in cui nel mondo si poteva essere o con i sovietici o con gli statunitensi, l’India cercò una terza via, quella del non-allineamento. Era il 1966, anno ricordato per una delle più grandi carestie dell’India, in cui il governo di Indira superò la crisi senza aiuti dall’estero, anche attraverso un’accurata politica demografica.

Nel 1977 il partito di Indira perde le elezioni e lei, un anno dopo, finisce addirittura in prigione per qualche giorno. Ma subito si riorganizza e in pochi mesi fonda l’Indian National Congress, che nel gennaio del 1980 vince le elezioni. Tornata alla guida del governo, si trova ad affrontare un movimento estremista sikh intenzionato a ottenere l'indipendenza del Punjab indiano. I Sikh la condannano a morte, ma lei non ci crede. Decide perfino di mantenere due Sikh nella sua scorta personale. Ma sono proprio loro, il 31 ottobre del 1984, a Nuova Delhi, a colpirla con sette proiettili nell’addome, una decina al petto, altri al cuore.

“È un gran privilegio aver vissuto una vita difficile. Non si può stringere una mano con il pugno serrato. Non ho l'ambizione di vivere a lungo, ma sono fiera di mettere la mia vita al servizio della nazione. Se dovessi morire oggi, ogni goccia del mio sangue fortificherebbe l'India”. Indira Gandhi

 

Articolo a cura di Elisa Stefania Tropea

 

INDIRA

Indira, Acrilico su tela, 2021, Adele Lo Feudo, in arte ALF

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