Suor Maria Laura Mainetti, uccisa 21 anni fa a Chiavenna da tre ragazze

Suor Maria Laura Mainetti, all’anagrafe Teresina Elsa Mainetti, nasce a Colico (Lecco) il 20 agosto 1939 e pochi giorni dopo la madre muore alla sua decima gravidanza. Il padre Stefano si prende cura dei figli aiutato dalla maggiore di 12 anni, Romilda, poi sposa Martina Della Bianca, con la quale ebbe ancora altri figli.

Grazie a un’amica della mamma, suor Maria Amelia, della congregazione delle Figlie della Croce e grazie all’aiuto economico della mamma di Laura, un’amichetta che morirà prematuramente, nel 1951 Teresina si trasferisce a Parma per studiare alla Scuola media dell’Istituto magistrale gestito dalle Figlie della Croce, suore di sant’Andrea, che presto diventerà la sua famiglia religiosa, di cui lei andava fiera.

Nell’agosto del 1957 inizia il Postulato a Roma presso la Casa Provinciale delle Figlie della Croce e sei mesi dopo entra in Noviziato, prendendo il nome di religiosa Maria Laura in riconoscenza alla mamma di Laura che le aveva permesso di stare a Parma. I primi voti di povertà, castità e obbedienza li emetterà nell’agosto del 1959 a Roma e dieci giorni dopo si consacra definitivamente con i voti perpetui in una diocesi di Poitiers in Francia.

Suor Maria Laura presto comincia a lavorare come insegnante alla Scuola Elementare nelle comunità di Vasto (CH), Roma, Parma e Chiavenna, in provincia di Sondrio, dove dirigeva il convitto per studentesse. Si specializza in fisiopatologia e opera presso l’Enaoli con bambini con difficoltà intellettive-comportamentali. La sua vita era un continuo aiuto quotidiano con il sorriso, perché le parole “ogni giorno devo fare qualcosa di bello per gli altri” per lei sono state un imperativo. La comunità la amava, la sua missione era indirizzata soprattutto ai bambini e ai giovani perché, diceva, lei stessa era rimasta giovane.

Il 6 giugno 2000 Suor Maria Laura viene uccisa tragicamente a Chiavenna da tre giovani ragazze minorenni, Ambra e Veronica di 17 anni e Milena di 16.

Nelle prime ore del delitto i compaesani ripetevano: “Sarà un negro, sarà un forestiero”, e invece le assassine erano tutte figlie del posto, annoiate della loro quotidianità, come riveleranno durante l’interrogatorio. In realtà la pista di un rito demoniaco non era stata prefigurata, piuttosto si puntò il dito come mandante morale dell’agguato contro un santone, un adulto sposato con figli, il quale era amante di una delle ragazze. E invece erano solo loro tre, le uniche responsabili, avevano studiato il piano e pensavano che il buio della notte le avrebbe protette, ma furono viste in paese da qualcuno.

Dovevano scegliere un religioso qualsiasi per il loro tributo a Satana, per quel sacrificio che le avrebbe vincolate come sue guerriere nel mondo terreno aspirando a un ingresso trionfale di un domani all’inferno. In realtà l’obiettivo all’inizio era l’allora prete del paese, monsignor Ambrogio Balatti, ma poi fu scartato perché troppo corpulento e quindi troppo difficile da uccidere, optarono quindi per un obiettivo più facile.

Preparano una trappola per suor Maria Laura. Ambra, la dominante del terzetto, telefona al convitto “Immacolata”, chiede espressamente di lei e poi si finge una certa Erica, dice di essere incinta e di aver bisogno di aiuto. Lei accorre, erano circa le 22, e come esce nel vicolo le arriva una mattonella in testa che la stordisce. Poi il coltello, passato di mano in mano, 19 colpi di lama, uno in più di quelli previsti che dovevano essere 18, 6 a testa, il numero della bestia. Mentre loro la uccidevano lei le perdonava. Sulla scena del crimine vengono trovate scritte sataniche, le stesse trovate insieme a frasi e disegni inneggianti Satana nelle camere da letto delle ragazze che, oltretutto, facevano giuramenti di sangue incidendosi con bisturi usa e getta per poi osservare il sangue uscire. 

Il loro è stato un percorso detentivo breve, conseguenza di indulti e buone condotte in galera, per l’età, per l’impegno di assistenti sociali e polizia penitenziaria e direttori di prigioni, di bravi e premurosi avvocati e di un’opinione pubblica che presto ha dimenticato il caso.

Ora le tre vogliono ricominciare. Un capitolo chiuso dopo aver scontato la pena. Quelle ragazzine assassine non esistono più, sono quasi quarantenni, hanno messo su famiglia e sono lontane da Chiavenna, non ci hanno messo più piede.

Esiste la Fondazione intitolata a suor Maria Laura, che pur con tutte le difficoltà combatte il disagio giovanile, rispondendo all’aiuto in prevalenza di ragazze straniere, ragazze madri, orfane.

Domenica 6 giugno 2021, lo stesso giorno di ventun anni dopo, a Chiavenna, suor Maria Laura sarà beatificata.

 

Articolo a cura di Elisa Stefania Tropea

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