Lavinia Fontana: “la Pontificia Pittrice”

Facendo riferimento al passato, anche a quello lontano decine di secoli, si ritiene, erroneamente, che la presenza femminile, nel campo delle arti in genere, sia piuttosto esigua, se non inesistente. Non è affatto così. Affermo, con certezza e dopo opportune ricerche e documentazioni che le rappresentanti del genere femminile, così come gli uomini, si sono da sempre cimentate nell'espressione del loro talento artistico, probabilmente fin dai tempi remoti delle incisioni rupestri o, forse, anche prima. Il fatto che si conoscano e si siano conosciuti, quasi esclusivamente, rappresentanti del genere maschile in veste di autori di opere pregevoli, limitandomi qui alle opere pittoriche, è dipeso da una serie di altre circostanze su cui ampie sarebbero le argomentazioni: sostanzialmente, comunque, dalle maggiori strade aperte. Pensate che, fino al termine del 1800, era precluso alle donne l'accesso alle varie offerte formative pur presenti sul territorio nazionale. Le figure femminili che riuscirono a concretizzare, in opere ricche di valore, le loro capacità provenivano da famiglie in cui il padre, in genere, era anch'esso pittore e disponeva di un proprio laboratorio. Inoltre, e non si tratta certo di un dettaglio, la grande maggioranza delle donne era impegnata nel ruolo di moglie e di madre oltre, come persiste tutt'ora, all'accudimento di anziani, disabili, malati.

Da un tot di anni si sente parlare di Artemisia Gentileschi, pittrice vissuta nel diciassettesimo secolo; ebbene, nel secolo precedente visse ed operò un'artista considerata anch'essa un'eccellenza, forse maggiore della sopracitata pittrice. Si tratta di Lavinia Fontana. Nacque a Bologna nel 1655. Il padre era un affermato pittore nel cui studio la piccola Lavinia crebbe, si formò e iniziò a manifestate le sue doti pittoriche; il padre Prospero la incoraggiò e la supportò al punto che, quando si sposò, a 25 anni, con un mediocre pittore imolese, Zappi, padre e marito firmarono un accordo in cui si stabiliva che Lavinia, anche nel matrimonio, avrebbe continuato la sua già pregevole attività artistica. Negli anni di Bologna, più o meno quasi tutta la sua vita, dipinse innumerevoli opere, ritratti di persone viventi e di personaggi biblici e mitologici, quasi tutti al femminile. Lei e il marito si trasferirono poi a Roma, in cui il papa Gregorio XIII le commissionò diverse opere al punto che le fu dato, successivamente, l'appellativo di “Pontificia Pittrice”. Dimenticavo di sottolineare due cose: il marito, dopo le nozze, era diventato, diciamo così, il suo agente, ed ebbero ben 11 figli di cui 8 morirono in tenerissima età. Oltre ai numerosi quadri la nostra artista dipinse circa un centinaio di pale da altare. Un anno prima della sua morte, furono entrambi colti da una crisi mistica e ricoverati in ospedale.

Lavinia Fontana può essere considerata probabilmente la pittrice più valente di quel periodo storico sottolineando che la vera arte non conosce età. La sua Bellezza persiste nel tempo. Anzi, non ha tempo. Una considerazione: con rammarico si evince, dalla sua vicenda umana ed artistica, che, per le ragioni accennate sopra, moltissime donne talentuose non hanno potuto esprimere la loro creatività. Questa la definisco una profonda ingiustizia oltre che una indefinibile svalorizzazione dell'ingegno femminile, che ha poi prodotto ricadute negative sull'autostima femminile, a livello sociale e personale contribuendo a costruire un deleterio stereotipo femminile.

 

Articolo a cura di Daniela Minozzi

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