Emanuela Loi, la prima donna agente a morire in servizio

Emanuela Loi, cagliaritana di Sestu, detiene il triste primato di essere la prima donna poliziotto a morire in servizio.

In realtà il suo sogno era fare la maestra, ma alla fine, spinta dalla sorella maggiore a tentare insieme a lei il concorso in polizia, lo vince. Nel 1989 entra nella Polizia di Stato, si sposta a Trieste per l’addestramento e poi cominciano una serie di trasferimenti, sempre lontano da casa. La sua chioma rossiccia e le guance piene le davano un’area da ragazzina spensierata, e in effetti aveva meno di venticinque anni quando viene inviata a Palermo.

Era il 1991, qui le vengono affidati i piantonamenti a casa Mattarella, la scorta alla senatrice Masaino e la guardia al boss Francesco Madonia. Emanuela comincia ad avere paura, pensa alla situazione della Sicilia, dove le stragi mafiose uccidono indifferentemente magistrati e agenti di polizia. Oltre a ciò, deve fronteggiare anche gli sberleffi degli adolescenti, che scherniscono le donne in divisa.

Dopo la strage di Capaci nessun poliziotto si sente più sicuro. Emanuela teme per la sua vita, ma sa che è il suo lavoro, sa a cosa è esposta. Per caso viene assegnata alla scorta del giudice Borsellino, sa bene che in quell’incarico è a rischio la sua vita, che è molto più pericoloso dei precedenti. Ciò che le dava forza era il pensiero che presto sarebbe tornata a Sestu per un periodo di ferie.

Aveva appena iniziato, era solo il suo secondo giorno di scorta, quando il 19 luglio 1992, in via D’Amelio, esplode una fiat 126 proprio mentre il giudice Borsellino stava scendendo dalla sua auto insieme all’intera scorta.

A Sestu tornerà solo il corpo di Emanuela, dilaniato dall’esplosione.

 

Articolo a cura di Elisa Stefania Tropea

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