Ipazia d’Alessandria: ''Sposata alla verità''

Ipazia era una matematica, una filosofa, un’astronoma e una scienziata dai talenti insoliti. Era una sostenitrice della distinzione tra religione e conoscenza, rappresentava una provocazione con il suo stile di vita indipendente, il suo impegno civile e la sua influenza politica.

In un affresco rinascimentale, “La scuola di Atene” di Raffaello, è presente una sola donna, sulla sinistra, avvolta in una veste bianca. È lei, è Ipazia d’Alessandria.

Era ammirata per la sua bellezza e la sua saggezza, “tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale”, scrisse Socrate Scolastico.

Cresce in un ambiente colto e riceve un’educazione eccellente dal padre Teone, astrologo e matematico, direttore dell’Accademia Museion. Studia inoltre alla Scuola neoplatonica, a Firenze e in Italia.

Non si sposò mai, si sentiva già “sposata alla verità”. Piuttosto partecipava attivamente alla vita politica e insegnava matematica e filosofia alla Scuola neoplatonica di Alessandria, di cui presto ne assunse la direzione. Era diventata un punto di riferimento nell’ambiente culturale del tempo.

La maggior parte dei suoi scritti, in realtà, sono andati perduti, o incorporati in pubblicazioni di altri autori, ma restano alcune fonti contemporanee dei suoi lavori e la sua fama tra le testimonianze dei suoi contemporanei.

Con il padre Teone scrisse un commento all’”Almagesto” di Tolomeo, tredici volumi contenenti tutte le conoscenze astronomiche e matematiche dell’epoca, nonché la revisione degli Elementi di Euclide. La sua opera più importante è un commento in tredici volumi all’”Aritmetica” di Diofanto (II sec.), in cui propone nuove soluzioni a vecchi problemi e ne formula di nuovi, che in seguito Diofanto includerà nella propria opera. Da ricordare anche il commento in otto volumi a “Le coniche di Apollonio” di Pergamo (111 sec. a.C.), un’analisi matematica delle sezioni del cono applicata poi all’astronomia, opera in cui Ipazia inserì il suo “Corpus astronomico”, una raccolta di tavole astronomiche sui corpi celesti.

Ipazia si occupava anche di meccanica e di tecnologia applicata, le vengono assegnate due invenzioni: un aerometro (per rilevare il peso specifico di un liquido) e un astrolabio piano (usato per calcolare il tempo e per definire la posizione del Sole, delle stelle e dei pianeti). Nonostante un mondo intriso di misoginia aristotelica divenne molto celebre per il suo acume filosofico, tanto che c’erano persone che arrivavano da lontano per assistere alle sue lezioni.

La sua fu una morte tragica, causata dalle persecuzioni cristiane contro i rappresentanti della scienza ellenistica, e dall’odio e dal timore che, nel corso della storia, le donne colte e intelligenti hanno suscitato nell’uomo.

Iniziata, dopo gli ebrei, l’epurazione degli “eretici neoplatonici”, nel marzo 415 un gruppo di monaci fanatici si apposta vicino la casa di Ipazia e le tende un agguato. La trascinarono fino alla chiesa e lì la uccisero usando conchiglie affilate. Dopo la fecero a pezzi e la bruciarono.

Da allora, e per molto tempo, Ipazia è stata dimenticata dalla storia, ma la fenice risorge dalle sue ceneri. E chissà, magari l’abbiamo già ritrovata in altre epoche, in altri nomi, in altri vissuti.

 

Articolo a cura di Lucia Ottavi

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