Kim Phuc, la ''bambina della fotografia''

Era l’8 giugno del 1972 quando alcuni Douglas A-1 Skyraider, gli aerei delle Không lực Việt Nam Cộng hòa (Forza aerea del Vietnam del Sud), sganciarono delle bombe al napalm sul villaggio di Trang Bang, nel Vietnam del Sud, che era stato occupato dalle forze nord-vietnamite.

Lì si trovava il fotografo Nick Út, il quale scattò alcune foto dell’attacco che, infine, uccise quattro persone. Tra gli scatti, gli abitanti in fuga e quello di una bambina che corre nuda nel caos e urla “Brucia! Brucia!”, pochi istanti prima era stata gravemente ustionata sulle braccia e sulla schiena da un bombardamento. Pensava: “Morirò su questa strada, queste fiamme mi uccideranno!”.

Quella bambina era Kim Phuc la quale, insieme agli altri bambini feriti, fu portata dallo stesso Út all’ospedale di Saigon dove fu curata per quattordici mesi e dimessa dopo diciassette interventi per salvarsi la vita e ricostruire pezzi del suo corpo.

Una foto forte, potente. L’artista vinse il premio Pulitzer e il World Press Photo of the Year nel 1972 e l’immagine divenne una tra le più celebri della guerra del Vietnam, simbolo del conflitto.

Kim Phuc, invece, divenne la piccola “Napalm girl”, la “bambina della fotografia”, icona delle atrocità della guerra del Vietnam.

Kim Phuc odiava quella foto, si domandava perché il fotografo l’avesse scattata. Sapeva di essere quella bambina, brutta e nuda, circondata dai suoi fratelli e cugini. A quel tempo avrebbe voluto che non fosse mai stata scattata, perché le ricordava quello che aveva dovuto sopportare: la perdita della sua infanzia e di tutto il resto.

Oggi, per lei, quella foto rappresenta una missione, un ideale e una causa da difendere.

Kim sognava di studiare e andò a Cuba nel 1992. Lì incontra il suo futuro marito Bui Huy Toan, con cui avrà due figli, e insieme a lui si traferisce in Canada, ma diversi furono i trasferimenti tra Cuba, Canada e Usa, dove a Miami si sottopose a otto sedute di laser frazionato ablativo per cauterizzare le sue cicatrici.

Phan Thị Kim Phúc è diventata oggi simbolo di riscatto e rinascita, con sei lauree honoris causa e numerosi riconoscimenti internazionali. Ambasciatrice Unesco dal 1997, è un’attivista e scrittrice con una missione chiara e precisa: sostenere, difendere, aiutare le piccole vittime delle guerre di tutto il mondo tramite l’associazione non lucrativa The KIM Foundation International, che supporta le organizzazioni che si occupano di soccorrere i bambini rimasti feriti o menomati a vita durante i conflitti.

 

Articolo a cura di Elisa Stefania Tropea

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