I danni psicofisici dei minori sottoposti al ''repugnant market''

Solo in questa settimana mi giungono quattro telefonate. Quattro mamme che non si conoscono ma hanno storie molto, troppo simili l’un l’altra.

Tutte e quattro hanno denunciato anni fa la violenza domestica subita dai loro ex mariti/ex partner, padri dei loro figli. Una di loro ha anche denunciato abusi sessuali paterni, raccontati dal figlio quando aveva 4-5 anni.  Tutte e quattro queste mamme si sono affidate alla Giustizia, persuase che avrebbero trovato la giusta protezione per i loro bambini. Invece hanno conosciuto una forma di violenza ancora più grave: quella agita dalle istituzioni, con i mezzi e la forza che sono proprie dello Stato, incredibilmente schierate in difesa dei padri abusanti e non delle vittime. Madri rese impotenti e minori rivittimizzati che alla fine sono stati riaffidati proprio agli abusanti!

Sembra assurdo, irragionevole, inveritiero…. Come è mai possibile che in uno Stato di Diritto ed in una Democrazia accada ciò?  Ma questo è esattamente quanto sta accadendo nei tribunali di mezzo mondo, Italia non esclusa. Ed i responsabili hanno nome e cognome.

In UK è stato ridefinito “repugnant market”: un mercato ripugnante creato dall’incontro tra la domanda di genitori narcisisti e violenti, talvolta pedocriminali  (in genere padri)  che pretendono di mantenere il controllo totale sui loro figli anche quando denunciati e persino se condannati in via definitiva: un controllo totale attuabile solo con la eliminazione fisica, affettiva e psicologica della madre che  ostacola i  loro abusi, e dall’altra parte l’offerta di tutela da parte di professionisti  della salute mentale e del diritto, penale e civile, pronti a soddisfare le richieste di questi padri coercitivi ed abusanti.

Le quattro mamme che mi chiamano hanno sperimentato, con i loro bambini, l’interminabile “girone infernale” in cui si sono trasformati molti tribunali italiani, come avvenuto anche in USA, in Inghilterra, Australia, Canada ed in molti altri Paesi dove la teoria Parental Alienation è stata insegnata, applicata e diffusa, dispiegandosi con le stesse modalità e le stesse motivazioni, purtroppo anche con gli stessi esiti paradossali, violenti e drammatici.

Tribunali che, senza alcuna competenza scientifica in campo psicologico-psichiatrico, sono stati preda di relazioni di CTU fedeli alla Parental Alienation. Giudici inconsapevoli del fatto che, in realtà e diversamente da quanto sostenuto, da decenni l’Alienazione Genitoriale fosse  stata già criticata, bocciata e attenzionata negativamente dalla Comunità scientifica internazionale, che l’aveva ridefinita come una “pseudotheory”(The Leadership Council on Child Abuse & Interpersonal Violence) “parapsichology” e “apice della follia” (Giudice Dollinger della Corte di Appello di NY) , “il “più  grande cumulo di spazzatura mai vista” (Prof. Jon Conte Università di Washington  ), la  “junk science» per eccellenza (Prof. Paul Fink Presidente APA) un “castello in aria…. Pericolosa…non deve essere utilizzata dagli psicologi ne’ in ambito clinico ne’ giudiziario» (Associazione Spagnola di Neuropsichiatria) un costrutto senza alcuna base scientifica (“…construct fails to meet scientific standards and should not be admissible in courts.” V. in Journal of Child Custody) “essentially composed of unsubstantiated claims; there's no science behind it." (Jeffrey Edleson, former director of the Minnesota Center Against Violence and Abuse and professor and director of research at the University of Minnesota School of Social Work) una “scienza debole” una “soft science” (National Council on Juvenile and Family Court Judges -NCJFCJ). Solo per citarne qualcuna!

Eppure, anche senza conoscere la vera posizione della Comunità accademica internazionale, avrebbe potuto intuirsi che la Parental Alienation fosse del tutto irrazionale, fondata sui meri pregiudizi contro madri e bambini? Avrebbe potuto essere intuibile, fin dall’inizio, che la Parental Alienation imponesse prassi processuali ed interventi sui minori gravemente violativi di Convenzioni internazionali ed europee, diritti costituzionali e norme codiciali?

Anche la Procuratrice Generale Francesca Cerroni dinanzi la Corte di Cassazione oggi parla di “incostituzionalita’” della Parental Alienation, dopo che finalmente anche la politica si è trovata costretta a fare i conti con le sue drammatiche conseguenze, non potendole più ignorare.

Diversamente da quanto queste mamme si erano aspettate accadesse, le loro richieste di protezione, le loro ragioni, le prove da esse addotte, ma soprattutto le voci dei loro bambini, non sono mai state ascoltate né prese in alcuna considerazione.

 Il penale non entra nel civile” si sono sentite ripetere, rimanendo imbavagliate ogni volta che hanno tentato di raccontare i gravi fatti di violenza e coercizione, tutti documentati o documentabili, per dimostrare la fondatezza delle loro richieste di protezione dei figli!   Sicché, anche quando interrogate, non è seguita alcuna indagine. I loro bambini non sono mai stati ascoltati, nonostante l’art.12 della Convenzione di NY del 1989 lo richieda e l’art. 6 della Convenzione europea di Strasburgo del 1996 lo imponga! Bambini mai interrogati sui motivi delle loro paure né sulle paure stesse, negate e ridefinite “atteggiamenti di rifiuto immotivato”. Mai è stato permesso loro di raccontare i fatti di violenza di cui questi bambini fossero stati protagonisti o che avessero vissuto e, quando e se permesso, mai è stato trascritto quanto detto o, se trascritto, è stato fatto in modo estremamente parziale, superficiale e dunque fuorviante: cosicché è diventato facile vedervi spunti validi ad inficiare i racconti stessi, i ricordi di quei bambini, instillando dubbi sulla attendibilità loro e delle loro madri.

Così come avvenuto in centinaia di altri casi già esaminati attraverso le carte processuali, anche queste quattro mamme mi raccontano come CTU e tribunali hanno voluto ignorare e dunque  negare la pericolosità ed il pregiudizio arrecato dalla violenza e dai documentati ed innegabili  gravi comportamenti paterni, viziati da anaffettività, coercizione, irrazionalità,  narcisismo, abuso fisico o psicologico, ma tutti   ritenuti “irrilevanti” ai fini della decisione dell’affido dei loro figli minori. Perfino dinanzi a condanne per maltrattamenti passate in giudicato ne è stata invocata la “irrilevanza”: la prova provata che la Parental Alienation in realtà mira alla normalizzazione dell’abuso minorile ed al mantenimento dello status patriarcale e non al disvelamento delle false denunce!

I documenti che mi inviano anche queste mamme, per dimostrare la verità di quanto affermano, dimostrano come CTU e tribunali, diversamente da quanto ci si dovrebbe aspettare avvenga in uno Stato di Diritto, abbiano reputato proprio loro “pregiudizievoli” alla sana crescita dei loro figli! E ciò in quanto esse, denunciando le violenze o lamentando gli abusi paterni, avrebbero impedito, “ostacolato” quello che oggi, nei tribunali indottrinati alle teorie distorte della Parental Alienation, viene sempre più spesso considerato in assoluto il “the best interest of child”: ossia la relazione padre-figlio. Persino un padre violento o pedofilo, oggi, dalla psicologia giuridica e di conseguenza anche dai tribunali italiani può essere considerato essenziale, imprescindibile al “bene supremo” del figlio minore …ma per la junk science non lo è altrettanto una madre che chiede protezione dalla violenza domestica e dagli abusi incestuosi per i figli minori! Non a caso….

La distorsione concettuale, scientifica e valoriale introdotta dalla “pseudoteoria” Parental Alienation  e dal “mercato infame” che la sostiene,  ha trovato  sempre più Psicologi, Psichiatri , ma soprattutto Avvocati e Giudici  del tutto impreparati a comprendere che si trattasse  di una forma di gaslighting  giudiziale,  una distorsione cognitiva che finisce per inficiare la formazione del convincimento giudiziale. In USA si parla apertamente di frode giudiziaria!

Queste quattro mamme mi raccontano di prassi ed iter processuali del tutto analoghi, adottati da quattro diversi Tribunali civili del nord, centro e sud Italia, tutti approdati allo stesso esito. Con le stesse drammatiche conseguenze: quelle legate alla ablazione dei loro figli, la “parentectomia”, così come è stata ultimamente rinominata la “cura” della parental alienation. Bambini di soli  6-10 anni che si sono visti portati via, contro la loro volontà,  dalle forze dell’ordine, gettati nella disperazione e solitudine più totale,  privati della loro casa, delle loro cose, del loro unico genitore di riferimento,    dapprima posti per lunghi mesi o addirittura anni tra sconosciuti, in strutture cd “educative” o case famiglia, isolati da tutti i loro cari, allontanati anche dai loro compagni di scuola, dai loro insegnanti ed amici, da tutto il loro mondo, poi  sottoposti al “reset” raccomandato dalla Parental Alienation. Sono bambini  “curati”  con la “riprogrammazione”, il “reset psicologico”: interventi psicologici che, come temiamo, potrebbero non aver ricevuto alcun tipo di validazione scientifica e ministeriale, tesi ad abituare i bambini  alla disaffezione dalla figura materna, alla  anaffettività, alla impermeabilità  dinanzi sia  gesti di amore che di violenza:  una impermeabilità rinominata artatamente “resilienza”, affinché non si capisse  che in realtà trattasi di  un’operazione di scissione, di distacco dalla realtà, di danni psicologici enormi derivati dalla violenza di una siffatta “cura”, attuata  anche attraverso ricatti e minacce, cosi come  prescritto da Richard Gardner nei suoi testi, acriticamente applicati dai suoi estimatori.

La violenza di questi Protocolli di “reset” è attestata dai libri di Richard Gardner, dalle testimonianze di qualche assistente sociale o educatore che si è ribellato al sistema, dai racconti dei bambini sopravvissuti, da qualche registrazione che qualcuno fra questi minori è riuscito a “rubare”, ma soprattutto è comprovata dagli effetti devastanti conseguiti sui bambini che vi sono stati sottoposti!  Si tratta di protocolli che, in realtà, nulla hanno di umanamente e scientificamente valido, tanto da aver comportato in USA già numerosi provvedimenti disciplinari inflitti dall’Ordine degli Psicologi: dalla multa alla sospensione, fino ad arrivare alla espulsione. Così come accaduto di recente ad esempio anche al famoso psicologo sostenitore della Parental Alienation Greg Childress, raggiunto anch’egli, dopo molti altri, da un provvedimento disciplinare iniziale. Cosicché oggi non si parla più di “cure” psicoterapeutiche ma di “percorsi educativi”, con la l’intento di sottrarsi agli obblighi giuridici connessi all’esercizio di cure mediche!

Bambini che già avevano vissuto sulla loro pelle e nei loro occhi atteggiamenti paterni dispregiativi, irrazionali, anaffettivi, violenti, le botte, le urla, le minacce, gli abusi, si trovano costretti a “riallinearsi” proprio a quei padri. Cosa gli avranno potuto dire affinché questi bambini potessero dimenticare o “perdonare” o negare quegli abusi? Che fossero frutto di manipolazione materna, così come prescrive la Parental Alienation? Che fossero frutto solo di “un sogno” o di “dormiveglia”, così come sentenziato in qualche CTU? Padri a cui questi bambini si sono dovuti piegare, accettandone la presenza e la personalità distorta, a cui sono stati infine riaffidati in via esclusiva: il tempo di scindersi, piegati dal potere di istituzioni cieche e stranamente incapaci di capire quale sia il vero “the best interest of child”.

Tutte e quatto le mamme che mi hanno chiamata da anni non vedono e non sentono i loro figli, se non occasionalmente ed in modo protetto.  Ma hanno relazioni di medici e psicologi da cui questi ex bambini sono stati nel frattempo curati a causa dei gravi sintomi manifestati di malessere fisico e psichico …danni non più negabili!

In tutti e quattro i casi, questi ragazzi, ormai non più bambini, al momento della loro ablazione avevano una normale socialità, erano stati protetti per vari anni dalle loro madri e dunque non presentavano disturbi ne’ problematiche di sorta, erano divenuti aperti agli altri e sereni, apprendevano senza difficoltà, non avevano disturbi del pensiero ne’ delle emozioni, se non un grave timore verso il padre, di cui raccontavano la violenza e gli abusi.  In tutti e quattro i casi le manifestazioni di ansia insorgevano solo in prossimità e durante gli incontri protetti con i loro genitori violenti e negli incontri di CTU. Si trattava di bambini che certo mostravano un attaccamento particolare alle loro madri, riconosciute come le uniche a saper ascoltarli, amarli, le sole reputate, dai bambini stessi, in grado di saper rispondere ai loro bisogni di cura e protezione. Un attaccamento materno che dunque diveniva speciale ed unico, quasi totalizzante, non per qualche sortilegio o manipolazione materna ma proprio a causa delle stesse carenze, della inadeguatezza e delle violenze fisiche e/o psicologiche paterne! Una “simbiosi” tanto più forte se più grave fosse la violenza agita dal padre e dalle istituzioni!  Un attaccamento non certo patologico ma naturale in quanto reattivo ad una minaccia reale, dunque protettivo e compensativo!   

A distanza di  anni tutti e quattro questi bambini, alcuni dei quali divenuti ormai quasi diciottenni, non avendo più avuto contatti con le loro madri, affidati stabilmente ed in via esclusiva ai loro padri,    presentavano disturbi ossessivo - compulsivi, gravi difficoltà di socializzazione e di apprendimento (tanto da necessitare di supporti scolastici), gravi disturbi di ansia, disturbi depressivi, aggressività auto ed etero diretta, autolesionismo,  idee suicidiarie, alcuni di loro manifestavano psicosi e deliri, altri disturbi fisici invalidanti. Uno di questi ragazzi oggi è ritenuto affetto da “autismo”, eppure a 10 anni non aveva alcun tipo di sintomo legato all’autismo! Sicché diventa facile comprendere come l’autismo stia diventando l’escamotage con cui giustificare quelle che in realtà sono le conseguenze di un grave disturbo post traumatico non riconosciuto! 

Alcuni di questi quattro ex bambini  - rimasti del tutto inascoltati dai tribunali, abusati dalle istituzioni e riaffidati a padri abusanti – rassegnati non hanno chiesto  più di vivere con le loro madri , in quanto evidentemente – così come la “cura” di Richard Garner raccomanda al fine di spezzare quel rapporto d’amore protettivo -  in modo fuorviante  sono state descritte loro come artefici della violenza paterna e financo della loro situazione, affinché non fossero più percepite dai loro figli come protettive. I quattro ragazzi, privati dell’esperienza dell’amore protettivo materno, ma anche della speranza in un futuro, lamentano timidamente con gli specialisti da cui sono seguiti la “assenza di amore” che caratterizza la loro vita, in casa con i loro padri, la “mancanza di ascolto”, la negazione dei loro bisogni, l’assenza di ogni progettualità positiva, il buio profondo in cui sono caduti.

Le quattro mamme che mi chiamano, sperando di poter recuperare in extremis la salute psicologica e fisica dei figli, hanno chiesto ai tribunali di poter riottenere il loro affido depositando le cartelle cliniche a cui hanno potuto avere accesso, le terribili relazioni dei medici e degli psicologi curanti. Sono bambini a rischio grave, ma nonostante l’evidenza del fallimento delle terapie e delle prassi istituzionali imposte, i Giudici sembrerebbero rimanere muti ed immobili, fissano udienze a lunghissimo termine quasi come fossero in attesa del compimento del diciottesimo anno, ormai non lontano, apparentemente incapaci di riconoscere il fallimento e di porvi rimedio! Incapaci di capire il perché questi bambini, che ritenevano di aver “salvato” da madri inadeguate, oggi si trovino in così disperate condizioni! Giudici ancora una volta persuasi dall’assurda idea che la Alienazione Parentale abbia potuto continuare ad agire, a distanza di anni e nonostante la totale e continuata parentectomia materna?  Forse sarebbe troppo per questi tribunali ammettere di aver sbagliato o di essere stati ingannati dalla frode giudiziaria di Richard Gardner? Sarebbe forse troppo accettare l’idea di essersi fidati di professionisti incompetenti o, peggio, solo preoccupati del loro “repugnant market?   

 

Articolo a cura dell’Avv. Michela Nacca

 

 

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