''Aiutateci! Non possiamo più farcela da soli''

Nella foto Alma, la mamma di Caterina e Francesco

 

Caterina e Francesco sono stati portati via alla loro mamma due anni fa e da quasi otto mesi sono chiusi in case famiglia, separati. Non vedono più la loro sorellina di sei anni, affidata ad una famiglia i cui componenti già si farebbero chiamare “mamma” e “papà”, e il fratello minore, caduto, a quanto riferito, in uno stato depressivo, perché non può più stare nella sua casa, né vivere con il fratello maggiore, Francesco, né con le sorelle.

Caterina e Francesco, di quasi 17 e 15 anni, erano gli unici rimasti in possesso dei loro cellulari, grazie ai quali, seguendo le orme delle due sorelle Bruno – anch’esse allontanate da una madre protettiva e chiuse contro la loro volontà in casa famiglia -  avevano iniziato una campagna via social, per protestare contro l’ablazione subita. Grazie ai loro cellulari Francesco e Caterina inviavano foto, scrivevano circa il loro stato d’animo, giorno per giorno.

Caterina e Francesco, per volontà delle istituzioni, ieri sono stati costretti a consegnare il loro cellulare. Non potranno più chiedere aiuto, né contattare i loro amici, né esprimere sui social come stanno, né raccontare le loro emozioni e, soprattutto, i loro desideri e le loro intenzioni.

Caterina e Francesco non potranno più ricevere informazioni, né parlare liberamente e quando lo desiderino, con i loro avvocati di fiducia (se mai a Francesco gliene sia stata data infine l'opportunità, come chiedeva mesi or sono).

Chiusi in casa famiglia da quasi otto mesi, come fossero al 41 bis, sono rimasti divisi da tutto il loro mondo, come fossero dei detenuti, privati della libertà e, dunque, di ogni diritto. Persino violati nella loro privacy, data la rilevanza psicologica e sociale assunta dal cellulare per i giovanissimi.

Ma, a differenza dei detenuti, tutto ciò avviene nell'indifferenza delle istituzioni, anzi, per volontà proprio di queste e per ragioni che rimangono così oscure da non poter essere comprese. Si tratta di una regia che si ripete ogni volta, dei minori denunciano delle violenze domestiche o degli abusi, insieme alla loro madre e sono ritenuti inveritieri o disadattati a prescindere, vengono divisi, i bambini chiusi in case famiglia, privati per mesi o anni della presenza della loro madre, ritenuta alienante o ostativa,  allontanati da ogni altro contatto con altri familiari e amici, subiscono così il reset, affinché prima o poi accettino – con vera volontà o meno non importa -  di essere riaffidati proprio al genitore che oggi rifiutano.

I Tribunali che dispongono tali procedimenti sono ormai così indottrinati ed inquinati da quella che negli USA è stata definita “junk science”, da non rendersi neppure più conto di essere divenuti essi stessi abusanti.  La “junk science” ha insegnato loro che possa esistere una modalità pedagogica dura, abusante con i minori ma adeguata, funzionale al "the best interest of child", identificato solo con la relazione paterna, anche quando fonte di paure fondate. Tribunali che si sentono giustificati da teorie – in realtà ascientifiche -  nell’applicare metodi gravemente coercitivi ed abusanti nei confronti di minori: dallo jus corrigendi violento del Pater Familias allo jus corrigendi istituzionale è stato un passo! Oggi, facendo anche in modo che Francesco e Caterina vengano privati degli strumenti per acquisire le eventuali prove circa quella che potrebbe costituire un’ ulteriore evoluzione della  violazione dei loro diritti. Altrimenti a che pro togliere i cellulari a dei ragazzi di quasi 17 e 15 anni?

E’ diventato evidente che le case famiglia ed i tribunali per i minori sempre più spesso non siano luoghi di sicurezza per i bambini, ma stiano diventando luogo di violazione di diritti essenziali, un carcere duro al 41 bis per i minori! Un carcere tuttavia applicato a minori senza le dovute garanzie costituzionali, perché comminato:

SENZA un processo equo,

SENZA una condanna emessa in contraddittorio,

SENZA la garanzia di una difesa...

MA SOPRATTUTTO SENZA CHE ESSI ABBIANO COMMESSO ALCUN REATO!

Perché tutto questo? Per imbavagliare questi ragazzi?

Per non far raccontare loro quanto stiano male in casa famiglia? Visto che questi ragazzi una casa - che considerano accogliente e protettiva - in realtà l'hanno e, da due anni, chiedono insistentemente di tornare dalla loro mamma.

Per fare in modo che essi non possano riferire quanto probabilmente sta per essere fatto loro, il Reset? Ossia il riallineamento con un genitore, che questi ragazzi dicono di temere?

Ma un reset può giustificare tutto ciò, ossia può prevedere metodi coercitivi, abusanti, incostituzionali?

Probabilmente i primi a ribellarsi dovrebbero essere proprio gli educatori ed i gestori di quella casa famiglia!

Perché? Perché in questo modo si sta screditando anche il loro operato!

Si sta sminuendo e fuorviando la funzione importante detenuta dalle case famiglia stesse, che in tanti altri casi, invece, rappresentano una vera opportunità di sicurezza per i bambini: laddove entrambi i genitori siano persone violente, pericolose e nessun altro parente possa essere considerato sufficientemente sicuro.

Non si rendono conto che tutto ciò sta conducendo alla chiusura delle case famiglie, ma anche al discredito dei servizi sociali e, quel che è peggio, anche degli stessi Tribunali che emettono tali provvedimenti?

Mi chiedo fino a quando giudici, assistenti sociali, case famiglia, vogliano farsi manipolare da un sistema che, grazie ad una “scienza spazzatura”, venduta per vera, sta rendendo marce le istituzioni stesse. Perché tutto ciò? E’ inevitabile chiederselo: forse affinché si giunga al punto di volerle SOSTITUIRE CON UN SISTEMA PRIVATO ANCOR PIU' VIOLENTO, DISCRIMINANTE ED ILLEGITTIMO verso i minori che potrebbero essere vittime di abusi?

Di certo c'è che quello a cui stiamo assistendo non sembrerebbe più avere le sembianze di uno Stato di Diritto.

 

Articolo a cura dell’Avv. Michela Nacca

 

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