Il ''Ciclo della Violenza''

Oggi la Violenza Domestica continua anche dopo la separazione, nei tribunali, con la violenza istituzionale. La cd. Violenza Domestica per Procura!

Mi contatta una mamma che racconta la sua storia di violenza che dura da anni, da parte del padre di suo figlio. Una storia come ce ne sono tante in Italia. Troppe e troppo poco ascoltate o capite dalle Istituzioni.

Quasi tre anni di convivenza, all'inizio dei quali nasce il bambino. Daniele (nome fittizio) da subito sperimenta le violenze paterne, già da quando era nella pancia della madre, per poi continuare a subirne le aggressioni anche dopo. Da quasi tredici anni.

Una violenza dapprima psicologica e verbale, fatta di insulti ed atteggiamenti svilenti, controlli ossessivi dei tempi, delle frequentazioni, delle telefonate e dei messaggi della donna, fatti passare in modo fuorviante e falso per "troppo amore" e "gelosia".

Una violenza che tuttavia poi diventa anche fisica: calci da rompere ossa, pugni, schiaffi, spintoni.

Poi le scuse, i regalini, qualche gita, qualche seduta in un centro benessere. Come se ciò bastasse a cancellare le botte e gli insulti!

Una modalità che in realtà non corrisponde ad una vera pacificazione, ma fa parte di quel cd “ciclo della violenza” descritto da Leonor Walker: una fase che serve per confondere le vittime, per apparire "meno peggio" e tentare di giustificare o sminuire in qualche modo le violenze agite. Utile a suscitare nelle vittime scrupoli ed ingiusti, consci o inconsci sensi di colpa. Un modo fuorviante e violento esso stesso, agito dall'aguzzino che, in tal maniera, riesce a mantenere quel controllo, quel dominio desiderato sulla donna ed il figlio: un potere che lo fa sentire il padrone, forse più uomo o meno nullità, di quel che in realtà egli è.

Un ciclo che vede un alternarsi di violenza psicologica, verbale e ancora fisica e poi ancora fasi di apparente calma, in cui si scusa e compra regalini. Periodi falsamente pacificatori che diventano sempre più brevi e sempre più rari. In un alternarsi di stati d'animo perversi e contrastanti che disorientano e impediscono alle vittime di vedere la realtà, rinsaldando la loro dipendenza affettiva ed economica, ma anche la paura.

Per anni “Daniele” (cosi come altri migliaia di bambini come lui in Italia, ogni anno), ha dovuto convivere con il terrore suscitato dalla furia paterna, con l'ansia del controllo patologico dell'uomo, con la confusione di sentimenti e giustificazioni ciclicamente indotte, dai disturbi psicosomatici provocati da questo clima continuo di tensione emotiva e fisica, che di amore familiare non ha nulla. Tra un “ti voglio bene” detto a voce ed un calcio che ne smentisce il senso.

Fino a che la mamma, giunta a ricevere anche ripetute e aggressive minacce di morte, ha denunciato. Più volte e per tutti i reati mai denunciati prima.

No...i figli no...non si minacciano di morte…non si toccano!

Ed è questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso. É ciò che ha disvelato la realtà agli occhi di questa mamma, cosi come essa era. Senza più scuse, senza più giustificazioni inaccettabili e senza più speranze paralizzanti.

Perché quando la paura finisce per prevalere sulla speranza di cambiamento, è allora che matura la decisione di denunciare: per chiedere aiuto!

Così anche questa mamma è scappata dalla violenza e ha iniziato a voler proteggere il figlio più efficacemente, pensando di poter ottenere ciò dalle Istituzioni, come esse promettono.

Tuttavia è proprio qui, in questa fase, che termina il ciclo di Walker ma inizia un altro ciclo: quello della Violenza Istituzionale. La violenza domestica per procura (DV by proxy)!

Una Violenza che non è poi così diversa da quella Domestica, ma ne rappresenta solo la prosecuzione e, quando permesso da Istituzioni incompetenti, diviene anche più forte e grave della prima: perché agisce con la forza di quelle Istituzioni impreparate a capire la DV by proxy, che finiscono esse stesse per diventare inconsapevolmente complici ed esecutrici del violento!

Una violenza istituzionale che non fa sconti neppure a Daniele. Anzi, finisce per essere agita soprattutto contro il bambino!

E' una violenza feroce, quella agita nei Tribunali su attivazione di un padre violento.

Una violenza che fa breccia e si sostiene grazie a pregiudizi millenari verso donne e minori, ritenuti non credibili. Le denunce materne vengono considerate quasi sempre frutto di "isteria" o "pazzia" o "strumentalizzazione". Pregiudizi che vedono i bambini come persone "senza memoria", non capaci di testimoniare o comunque non credibili in quanto, a prescindere da tutto, considerati "facilmente suggestionabili" o "manipolabili", anche a 14 o 17 anni. Figuriamoci se poi questi minori hanno due o tre anni.

Ed è cosi che quanto dice anche questa mamma viene negato e quanto riferito da Daniele non è ascoltato!

E' una Violenza Istituzionale indotta in Avvocati, Assistenti Sociali, CTU e Giudici, dalla diceria secondo la quale "le vere violenze rimangono fuori dai tribunali"! Una vera bugia, tuttavia ripetuta come fosse verità scientifica anche dinanzi consessi di Avvocati!

Anche nella vicenda processuale civile che vede coinvolgere Daniele - nonostante i rinvii a Giudizio e le finali plurime condanne penali definitive per lesioni, maltrattamenti e minacce che raggiungono questo  padre -  si tenta oltre ogni pudore ed in modo del tutto irragionevole di far passare la mamma per quella inadeguata...lei  “l' alienante”, quella che “ostacolerebbe ingiustificatamente" la relazione paterna. Nonostante le condanne!

Ed è cosi che la paura di Daniele non è mai paura... è solo "rifiuto ingiustificato"! Nonostante la verità gridi il contrario.

Seguono anni di controlli dei servizi sociali, ancora presenti oggi, a cui per svariato tempo viene affidato il bambino: tutto ciò affinché egli diventi “resiliente” alle violenze paterne. Ossia si abitui alla violenza che subisce! Sono anni in cui mamma e figlio vengono sottoposti a varie CTU, a valutazioni di educatori, assistenti sociali, curatori e Giudici. Ogni loro azione viene passata al vaglio quotidianamente da schiere di personaggi e, quasi sempre, sono proprio la madre e Daniele a dover soccombere, a doversi adattare ad ogni richiesta paterna: pretese così egocentriche ed irragionevoli che è evidente servano non a favorire il benessere del bambino ma solo ad accontentare le malsane necessità paterne, anche a costo di maltrattare lo stesso Daniele. Nessuno tuttavia sembra capire la gravità ed il vero senso di quei comportamenti e di quelle pretese irrazionali, costantemente assecondate da servizi sociali, tutori e Giudici: tutti, o quasi, sono preoccupati non di ciò che il padre violento fa al bambino ed alla madre, ma solo di mantenere la relazione genitoriale paterna...qualunque cosa egli faccia!

Ed è cosi che quest’uomo ha continuato, nonostante la separazione e le condanne, con le sue persecuzioni: stavolta attuate non più in prima persona ma ad esempio con abili e sfacciate azioni giudiziarie, del tutto infondate, strumentali e cioè finalizzate solo ad agire violenza. Oppure negando l'iscrizione alla scuola o alla palestra proposta dalla madre, ritardando gravemente la scelta del pediatra, le terapie e le visite specialistiche per il bambino, rifiutando autorizzazioni a viaggi, vacanze e trasferimenti di domicilio anche minimi, comunque utili alla madre per accettare occasioni professionali. Occasioni immancabilmente sfumate che hanno finito per mantenerla nella inadeguatezza economica. Violenza economica perpetuata ad anni di distanza dalla separazione e dalle denunce, avallata da Tribunali troppo concentrati solo a mantenere il domicilio del bambino a stretto contatto con quello paterno.  Un uomo che ha continuato in mille modi, tollerati dal tribunale, a mantenere uno stato d'ansia permanente nel figlio, salvo poi responsabilizzare la madre per i disagi patiti. Un padre che si è anche assentato per mesi dalle visite genitoriali, salvo poi sostenere infondatamente in Giudizio di esserne stato impedito dalla mamma.

Tribunali civili che hanno finito per rendersi complici di questa violenza, non ammonendo mai il padre calunniatore, non riconoscendone mai la pericolosità ed il pregiudizio arrecato al figlio, fino al punto di impedire a questa madre per anni di esercitare liberamente i propri diritti genitoriali e persino personali, finendo per violare il diritto del bambino stesso a crescere serenamente.

Per non parlare degli anni trascorsi a subire traumaticamente incontri protetti, per l'inadeguatezza paterna a saper gestire questi incontri e perché ancora troppo forti nel bambino le sensazioni e le emozioni suscitate nel vedere la madre con le mani paterne strette al collo, o perché troppo acuto il dolore dei calci subiti. Troppo presente la paura per quelle minacce di morte espresse a lungo, anche dopo la separazione.

Il padre ha potuto ossessivamente proseguire il suo piano, reso più rabbioso dalla insoddisfazione di non esser riuscito a privare la donna ed il figlio l'uno dell'altra: salvati dall'unico CTU che onestamente all’inizio non ha voluto reinterpretare in modo mite i risultati dei test psicodiagnostici somministrati al padre, né la gravità dei fatti di violenza agita dall’uomo. Un padre che per anni, nonostante l'intervento di assistenti sociali, curatori, Giudici ed Avvocati, ha continuato ad agire anche un'atroce violenza "economica" nei riguardi del figlio, non pagando sistematicamente i mantenimenti ordinari e straordinari dovuti, dichiarandosi povero e nullatenente. Ma senza in realtà esserlo mai stato, cosi come attestato da letture più attente dei suoi estratti conto! Sicché anche la Corte di Appello, ingannata dalle apparenze e da documenti parziali, senza che alcuna adeguata indagine fosse stata effettuata, ha infine non confermato la condanna in primo grado per i mancati versamenti del mantenimento, nonostante prove evidenti e la medesima ammissione: la Corte ha accolto la tesi difensiva di un padre  che, nonostante avesse pregresse evidenti capacità manageriali e una giovane età, è stato considerato nullatenente e dunque impossibilitato. Una esimente che è valsa ad assolverlo!

Oggi, a distanza di anni, Daniele vede liberamente il padre, che nonostante continui a non provvedere neppure al suo mantenimento, ha riacquisito la piena responsabilità genitoriale e l’affido condiviso del bambino. Daniele tuttavia non è sereno. Come non lo è nessun bambino alle prese con un genitore gravemente inadeguato, giustificato oltremodo dalle Istituzioni.

Daniele avrebbe meritato di vivere serenamente i suoi anni dell'infanzia. Invece è un sopravvissuto. E come tale continuerà a vivere la propria esistenza, con tutta la frustrazione, la rabbia inespressa, l'insicurezza in cui le Istituzioni lo hanno relegato. Istituzioni persuase che “il padre è sempre il padre…anche se violento!” insegnando a Daniele ed a migliaia di bambini ogni anno che, in fin dei conti, picchiare moglie e figli fino a rompere le ossa non è un danno… Basta un regalino, dopo i calci ed i pugni!

 

Articolo a cura dell’Avv. Michela Nacca

 

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