Venerdì, 27 Novembre 2020 10:18

''Aiutatemi! Ho paura di perdere mia figlia''

Nella Giornata del 25 novembre, tutti sono sembrati convinti di voler contrastare la violenza e discriminazione sulle donne, in qualunque ambito sociale ed istituzionale.

Il Ministro Conte ha ricordato Marianna Manduca che, dopo aver denunciato innumerevoli volte i maltrattamenti, le lesioni e le minacce di morte subite dal marito, non solo era sempre rimasta inascoltata e non protetta, ma addirittura privata dei suoi figli minori, riaffidati proprio al padre violento nonostante il fermo rifiuto dei bambini. Un rifiuto dovuto alla loro paura legittima del padre, reinterpretata dai Giudici come mera espressione di alienazione materna: una manipolazione riconosciuta senza alcuna prova, alcuna indagine, solo in modo presunto, come anche i fatti hanno dimostrato.

Marianna lo sappiamo che fine ha fatto: è stata uccisa da quel marito, ritenuto dal Tribunale per i Minori di Palermo molto più affidabile e idoneo a crescere i figli di Marianna, che poteva vederli solo tre ore a settimana. Non di più per non rischiare di recar loro pregiudizio!

Tutti il 25 novembre scorso sono sembrati persuasi della esigenza di estirpare la discriminazione e la violenza di genere anche dai Tribunali, per evitare il ripetersi di Femminicidi annunciati come quello di Marianna.

Eppure durante dei webinar organizzati da organismi importanti, anche istituzionali, dinanzi a membri delle istituzioni, da parte di alcuni relatori e persino avvocati e psicologi forensi, ancora ho sentito diffondere la fandonia secondo la quale le donne, le madri, denuncerebbero falsamente allo scopo di ottenere l'affido dei loro figli. La stessa fandonia che rivittimizzò dapprima i figli di Marianna e poi lei stessa, fino a determinarne la morte.

Così il 25 novembre, mentre mi preparavo ad una intervista per Vatican News, mi giunge il messaggio di archiviazione da parte di una madre che, come Marianna, ha denunciato gravi maltrattamenti psicologici, fisici e minacce di morte agite dal padre di sua figlia. Anche nel suo caso tutto è stato gravemente sottovalutato, probabilmente anche grazie alla CTU discriminante redatta in sede civile, tanto da determinare l'archiviazione dinanzi al GIP. Eppure tra le prove erano stati depositati non solo messaggi deliranti dell'uomo, ma anche una richiesta di ammonimento depositata nel frattempo anche dalla sua nuova compagna: anche lei minacciata di morte, abusata, maltrattata gravemente sia da un punto di vista psicologico che fisico, confermando lo stesso modus operandi già denunciato dalla madre che mi chiama. Una richiesta di ammonimento in cui, dalla nuova compagna, viene fatto presente che quest'uomo le abbia fatto vedere dei proiettili, dicendole siano destinati sia a lei che alla sua ex: ossia alla madre che mi chiama.

Eppure le denunce sono state archiviate: discriminata la madre e anche la nuova compagna; ma si sa, per molti Giudici le donne denuncerebbero strumentalmente!

La grave violenza concordemente raccontata da due ex partner dello stesso uomo, è stata ignorata anche nel procedimento civile di affido della bambina. Per la CTU ed il Giudice è la mamma quella pericolosa: sarebbe ostacolante la relazione genitoriale paterna ed una donna "anaffettiva" nonostante i fatti, ossia nonostante l'ottima relazione della bambina con la sua mamma, così come attestata dalle insegnanti e dal pediatra che da anni le conoscono. Per la CTU sarebbe tuttavia lei il genitore "pregiudizievole" per la crescita sana della bimba, non il padre che, già condannato per altri gravi reati ed implicato in situazioni di 'ndrangheta, deteneva irregolarmente un vero e proprio arsenale in casa - sequestrato grazie alla mamma -  e dormiva con la pistola carica sul comodino! Non lui che farneticante l'ha minacciata di morte. Anche il suo turpiloquio del tutto irragionevole, ingiustificato ed incontrollato espresso durante la CTU, non è stato considerato di rilievo ai fini della valutazione delle sue capacità genitoriali. Lui è il padre. E come tale la sua capacità è presunta e nulla sembra essere idoneo a dimostrare l'inverso!

Intanto la bambina sta male al solo pensiero di dover abbandonare la madre e venire collocata in casa famiglia, resettata e poi essere riaffidata proprio al padre di cui ha paura.

Ed io sto male nel veder rischiare di ripetersi la storia di Marianna.

 

 

Articolo a cura dell’Avv. Michela Nacca

 

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