Sabato, 14 Novembre 2020 09:47

Uccisa davanti al figlio con due colpi di pistola alla testa

Lei era Nicole Watson ed aveva 36 anni.

È stata uccisa esattamente venerdì 23 ottobre 2020, alle 2 del pomeriggio, in un piccolo paese del Montana (USA) chiamato Ennis: era andata a riprendere suo figlio di 5 anni presso il padre, da cui si era separata.  L'uomo l'ha uccisa con due colpi di pistola alla testa, proprio sulla porta d'ingresso sotto il porticato della sua casa in legno.

Alcune conoscenti scrivono sui social che Nicole avesse provato ad avvertire le istituzioni. Nicole avrebbe avvisato il Giudice circa i propri timori sulla pericolosità del padre del suo bambino. Ma anche in USA la violenza familiare non è riconosciuta nei procedimenti di affido dei minori. Della pericolosità della violenza domestica e di quanto questa sia pregiudicante per il benessere fisico e psicologico di un bambino, si è persa ormai la percezione, anche in quel Paese e non solo in Italia. O forse questa percezione non c'è mai stata e avevamo solo avuto l'illusione di una tutela istituzionale, indotta dalle campagne mediatiche volte a chiedere alle donne vittime di violenza in famiglia di denunciare, rassicurate dalla speranza che avrebbero trovato una protezione per sé ed i loro figli. Una protezione che tuttavia ancora non c'è.

Anche nei tribunali americani ancora oggi la violenza domestica è negata, banalizzata, ridefinita "conflittualità genitoriale", così come sta avvenendo nei tribunali italiani incaricati di decidere dell'affido dei minori. Decisioni che si risolvono quasi sempre nel tentativo di mediare anche ciò che non è possibile né ragionevole mediare: la violenza. Anche Nicole probabilmente per i Giudici che si erano occupati del procedimento di affido di suo figlio sarà stata una mamma "matta" o una "manipolatrice". Una madre "alienante", "ostacolante la relazione paterna", una "bugiarda" o una "paranoica" o "istrionica", a cui dunque non dar credito.

Ma Nicole è stata uccisa proprio dall'uomo da cui avrebbe dovuto essere protetta. Anche lei si sarà sentita ripetere da assistenti sociali, CTU e Giudici "ma signora...lui è comunque il padre di Suo figlio" cosi come avviene in casi analoghi anche a molte madri italiane. Cosi Nicole era costretta a recarsi lei stessa ad Ennis fino all'abitazione di Park, il padre di suo figlio, per portare e riprendere il bambino, cosi come le era stato imposto dai Giudici: quasi una espiazione per chissà quale colpa da purgare. O una prova di "resilienza" affinché Nicole dimostrasse con i fatti di non voler "ostacolare" la bigenitorialità paterna: quella stessa "resilienza" che anche gli Ermellini italiani hanno invocato nell'Ordinanza Cass. civile n. 9143/2020, del maggio scorso, stigmatizzandone la presunta carenza in una mamma italiana, pugliese, punita per tale motivo con l'ablazione del figlio minore e la collocazione del bambino in una struttura educativa protetta proprio alla luce dei tre rinvii a Giudizio paterni per reati legati a violenza domestica.

Ma Rick Park di 53 anni e padre del bambino di 5 anni di Nicole, venerdì 23 ottobre scorso, nonostante la "resilienza" dimostrata da Nicole, sentito il suo arrivo ha aperto la porta della propria casa già impugnando la sua pistola calibro 45 Springfield XD e, dinanzi il loro bambino ed il nuovo compagno di Nicole - da lei portato  con sé in un estremo quanto vano tentativo di difesa - le ha sparato 2 volte: il primo colpo l'ha ferita gravemente al volto, ma caduta a terra Nicole ancora tentava di chiedere aiuto. Cosi l'omicida le ha sparato una seconda volta, in testa, uccidendola e lasciandola in una pozza di sangue.

Ho letto la notizia dell'omicidio di Nicole in questi giorni e casualmente oggi ricevo la telefonata di una mamma italiana seriamente preoccupata per la vita propria e quella della sua bambina. Anche lei, come Nicole, ha provato ad allertare il tribunale incaricato di decidere l'affido di sua figlia circa la vera personalità del padre: un uomo violento, denunciato per vari reati e anche da altre ex partner, donne da lui sottoposte a violenze sessuali, minacce, stalking, violazione della loro privacy, privazioni, vessazioni e violenze private, cosi come avrebbe agito anche con la donna che mi contatta chiedendomi aiuto da quest'uomo. Un uomo comunque influente, già raggiunto da vari rinvii a Giudizio, che coltiva il culto della guerra e delle armi, che dice di sè di essere "Dio" e "infinito odio", aduso a comportamenti antisociali e ossessivi, delirante nei confronti delle fidanzate e delle partner, che tratta come fossero spazzatura, "troie" ,  accusandole  di averlo indotto a "fornicare", tra citazioni pseudo-bibliche, inappropriate e fuorviate dalla sua mente.

Ciò nonostante proprio i diritti genitoriali di quest'uomo vengono stolidamente difesi dal tribunale, la di lui capacità genitoriale mai viene messa in dubbio ed anzi presunta oltre ogni ragionevole motivo, oltre ogni ragionevole possibilità di scelta tra ciò che è bene e ciò che è male, tra ciò che è reato e ciò che non lo è, tra ciò che è opportuno e ciò che non lo è. I racconti di violenza, le denunce e  le richieste di aiuto di questa mamma italiana non solo rimangono inascoltate, ma per il tribunale divengono argomento di prova per dimostrare una pretesa inadeguatezza materna  a cui assistenti sociali, CTU e Giudici rimproverano quella "mancanza di resilienza" che oggi i tribunali civili pretendono  da ogni madre vittima di violenza domestica, accusandole di assumere un atteggiamento "ostativo" alla relazione genitoriale paterna, sempre presunta sufficientemente adeguata a prescindere da ogni prova contraria!

La mamma mi avvisa di essere stata raggiunta dalla nuova compagna del padre di sua figlia, la quale l'ha avvisata del profondo odio e delle minacce di morte proferite dall'uomo anche dinanzi a lei e dirette verso la figlia e la mamma stessa, confermate in messaggi paterni che preannunciano un "martirio" di sé. Messaggi che definire deliranti è poco. La nuova compagna ha avvisato anche le forze dell'ordine per il pericolo reale ed imminente corso da lei stessa, dalla mamma e dalla bambina. L'avvocato della mamma ha depositato la nuova documentazione nel procedimento penale già in corso, che tuttavia nonostante tutto sembrerebbe aver imboccato la strada dell'archiviazione. Durante l'ultima udienza celebrata dinanzi la Corte civile, prima della decisione finale sull'affido della minore, il legale della mamma  ha tentato di depositare la denuncia ed i messaggi violenti comprovanti il delirio paterno, forniti dalla sua successiva compagna, ma invano: l'irritualità del deposito contestata da controparte e opposta dal Giudice sarebbe prevalsa sul buon senso che l'avrebbe dovuto invece indurre ad accettare la documentazione, al fine di decidere la collocazione e l'affido più idoneo per la minore: quello che porrebbe in sicurezza questa bambina e la sua mamma!

Così a questa madre, colpevole di non voler diventare "resiliente" alle minacce di morte del padre di sua figlia, non rimane che chiedere aiuto a chiunque sia disposto ad ascoltarla ed a crederle, nel timore non infondato che i tribunali non l'ascoltino, ed a me non resta che prestare a lei ed alla sua bambina la mia voce affinché non si debbano piangere un'altra Nicole e sua figlia.

Articolo a cura dell’Avv. Michela Nacca

 

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