Domenica, 13 Febbraio 2022 17:24

Papa Francesco: “Con il male non si può dialogare”

Recentemente Papa Francesco, nel contesto di una sua presenza in una nota trasmissione televisiva, ha pronunciato questa frase: “Con il male non si può dialogare”. La risposta, o meglio le risposte all'interrogativo su cosa sia il male, per ciò che riguarda il genere umano e, andando a ritroso di decine di secoli nella storia dell'umanità e inoltre considerando in particolare la forma più cruenta e diffusa della sua espressione, cioè la guerra, è complessa e semplice allo stesso tempo. Parecchi di noi si sono posti e si pongono, presumo, la medesima domanda: “Ma cos'è il male?” Una delle possibili risposte che, già parecchi anni fa, mi diede soddisfazione fu questa: “Il male è ogni mancanza d'amore”. In una concezione dello stesso generica e onnicomprensiva, si intende per "male" tutto ciò che arreca danno, ad esseri viventi e a cose in senso lato; e se, invece, con la parola amore si comprendono atti come la cura, l'attenzione, inscindibili l'una dall'altra, il preservare nella sua integrità qualcuno o qualcosa, ci si chiarisce meglio a cosa si riferisca questa frase. Che include quindi anche l'indifferenza: il non occuparsi, il non agire, quando sarebbe auspicabile o necessario farlo. In tre semplici parole, attenendosi alla realtà sociale ed ambientale attorno a noi: NON MI RIGUARDA. Quante conseguenze negative e dannose scaturiscono da tale atteggiamento! Quanto disamore!!

Le parole di Papa Francesco, con cui ho iniziato questo scritto compiono un ulteriore e ben preciso passo in avanti: vanno oltre. Lui ovviamente si riferisce alla comunicazione tra le persone, tra esseri, si presuppone, umani e che esplicitino chiaramente queste caratteristiche. “Con il male non si può dialogare”. In relazione a quest'importante affermazione, insita di valori etici, si potrebbe argomentare a lungo; mi limito ad alcune considerazioni, frutto dell'esperienza di vita e del mio pensiero che riguardano certamente la gran maggioranza di noi, persone comuni. Spesso ci si lamenta degli altri ponendo l'accento su atteggiamenti e frasi che possono sì risultare anche oggettivamente e soggettivamente discutibili; rimane il fatto che, soffermandoci troppo su essi rischiamo di perdere di vista la positività complessiva di colei o colui che tendiamo, negativamente, a criticare. Quando poi succede che, tra due interlocutori che si approcciano per un chiarimento e sono, ad esempio, vicini di casa, può succedere di peggio: è sufficiente una sola parola perché l'altro si alteri ed alzi la voce. A questo punto può risultare arduo, per chi si trova esposto a tale modalità reattiva, mantenere la calma. Così è dato di assistere ad un penoso teatrino dell'incomunicabilità umana. Il dialogo prevede, come si evince anche dalla sua etimologia, un discorso a due in cui, alternativamente, si parla e si ascolta, cercando soprattutto di comprendere il più possibile le parole e le ragioni dell'altra persona.

Vogliamo disquisire del silenzio? Di "quel silenzio" di non accettazione, di rifiuto, d'indifferenza, di disapprovazione: di rinuncia volontaria a venirsi incontro tramite le parole? Mi fermo qui; ritengo che in questo scritto ci siano spunti di riflessione in grado di aiutarci a riconoscere, appunto, il male in determinate modalità di comunicazione e sia quindi possibile cercare di migliorare il dialogo tra noi esseri umani. Non è facile un dialogo autentico: è però possibile ed auspicabile. Il contrario di ciò ci conduce effettivamente ad un malessere foriero di altre negative conseguenze.

 

Articolo a cura di Daniela Minozzi

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