Storia di Chiara: “… Come un abbraccio”

Chiara parcheggiò la sua vecchia automobile nell'apposito spazio, davanti ad un parchetto, poco distante dall'abitazione di Nadia e della sua numerosa famiglia; era attesa per il pranzo festivo, come capitava quasi tutte le domeniche da un paio d'anni a questa parte. Arrivata al cancellino d'entrata della bifamiliare in cui vivevano, fu festosamente accolta da Rolli, il piccolo e grasso meticcio che lei scherzosamente chiamava Trolli: la casa risultava ancora deserta. Tutti i componenti del nucleo familiare stavano ancora trascorrendo la mattinata di primo autunno in varie attività, dall'allenamento di calcio alla funzione religiosa.
Per Chiara non fu una sorpresa né tanto meno motivo di disappunto e s'apprestò ad aspettarli: ad attendere gli amici che per lei erano divenuti la famiglia che le mancava. Quei momenti domenicali trascorsi tra buon cibo, chiacchiere e risate, discorsi seri, le erano divenuti non dico indispensabili ma quasi. Momenti di vero e sincero calore umano. Lei aveva conosciuto, per quasi vent'anni, il benessere e l'importanza di vivere in famiglia, in una convivenza che, purtroppo, si era poi conclusa, per diverse ragioni ma non certo per carenza d'amore. La sua vita affettiva e quotidiana quindi, era radicalmente mutata, ed ora si trovava a fare i conti con un vivere sola che mai avrebbe previsto. Ed invece era questa la realtà contingente, da poco superati i cinquant' anni d'età: non le era stato facile adattarsi a ciò.

Chissà a quante persone che vivono sole è capitato d'avvertire una sensazione di isolamento proprio nei giorni festivi, che sia la domenica oppure in quei particolari frangenti in cui, ad essa, s'aggiungono una o più giornate non lavorative; per non parlare poi dei tradizionali periodi relativi alla Pasqua o in particolare al Natale. Se inoltre, donna o uomo che sia, una persona vive sola per destino, per una separazione o una perdita, e non per una scelta personale, tale sensazione si acuisce ancor di più. E questa era esattamente la condizione di Chiara; Nadia, collega di lavoro ed amica, nella crisi che era seguita a tale drastico mutamento, le era sempre stata vicina. E quando, la prima volta, l'aveva invitata la domenica successiva, Chiara aveva subito accettato con gioia e gratitudine. Le era piaciuto tanto il fatto di trovarsi in questo gruppo familiare di persone, la cui età variava dai 9 anni del figlio più piccolo agli oltre 90 anni della madre del marito di Nadia. Con loro due aveva stabilito tranquillamente e con semplicità, una simpatica ed affettuosa comunicazione: da sempre, infatti, Chiara entrava subito in sintonia con vecchi e bambini, probabilmente perché in lei, e nel suo modo di esprimersi, era presente quella semplice spontaneità, senza orpelli di sorta, che quasi sempre appartiene a queste fasce dell'esistenza. D'altra parte in casa di Nadia si respirava comunque un'umanità che predisponeva chiunque a sentirsi a proprio agio.

Ritornando a quella domenica, l'attesa fu breve: per primo arrivò Lorenzo, il ragazzo più grande e, a ruota, tutti gli altri. Quel giorno si ritrovarono in ben tredici persone poiché non era infrequente che chiamassero anche un paio di amici oppure di parenti che vivevano nella stessa città: entrati in casa, e con l'apporto un po' di tutti, allestirono la tavolata nella sala col camino che si trovava appena oltre l'ingresso e ci fu naturalmente chi si occupò delle cibarie. Giunsero presto le 15,30 circa del pomeriggio e Chiara, ringraziando e salutando tutti, ritornò al silenzio del suo appartamento; la sua domenica aveva assunto una connotazione diversa, più leggera e spensierata e allo stesso tempo era svanito in lei quel senso di troppa solitudine. Sempre succedeva che, dopo questo momento di vivace compagnia, Chiara si ritrovasse stanca e serena nella quiete della sua casa. Sì, per lei era veramente una famiglia e, a tutt'ora, che le cose sono cambiate a causa del suo trasferimento in montagna, conserva di quei pranzi domenicali una memoria dolce e nostalgica. Ponendo ora attenzione, scrivendone, su quella che per alcuni anni ha rappresentato per lei, un'esperienza stabile di affetto e vicinanza, le riaffiora alla mente quel motivo musicale che dice: “Aggiungi un posto a tavola che c'è un amico in più”. Beh, nuovamente ribadisco che non si è trattato soltanto di amicizia bensì di quella "famiglia altra" di cui lei, in quel tratto di percorso della sua difficile vita, aveva necessità. E che l'ha accolta a braccia aperte. Come in un abbraccio.

 

Racconto a cura di Daniela Minozzi

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