Storia di Chiara: “Il mio amore incondizionato per Sally, la mia amica a quattro zampe”

Mi piace molto il termine "responsabilità" che, nella sua etimologia, significa rispondere; rispondere non certo riferendosi ad una domanda, ad un quesito bensì una locuzione che si può tradurre anche così: mi riguarda, io ci tengo, ne sono coinvolto. Ed ancora: la mia coscienza mi indica che è questo il comportamento giusto, di chi non distoglie il capo, di chi non punta il dito verso altre persone o contesti, autolegittimandosi uno "starne fuori". E mi piace anche di più quando, a tale parola, responsabilità, si associa l'aggettivo collettiva, di tutti quindi. Viviamo in una società ed è, purtroppo, diventata consuetudine comune, ampiamente agita, evitare prontamente di lasciarsi coinvolgere da qualsiasi episodio, concernente quasi sempre persone a disagio o in difficoltà, dimostrando in tal modo un'indifferenza nella quale, come sostengo io, è implicita una forma di violenza vera e propria.

Queste iniziali considerazioni per introdurre il racconto di una realtà, che vede protagonista una donna, e che rappresenta un episodio esemplificativo di questa forma di violenza, di assenza, appunto, di responsabilità collettiva. La storia che prenderà corpo oggi è stata, come tutte le narrazioni inerenti a "La storia di Chiara", personalmente vissuta; anche questa, come le precedenti, ha rappresentato un' esperienza di vita in cui, c'è chi può ritrovarsi, chi si è trovato in situazioni simili, chi, essendo interessato ai comportamenti umani in genere e quindi alla realtà sociale, al pensiero e agli umani sentimenti, trova spunti per riflettere, per approfondire la sua visione della vita e del mondo; le storie vere, inoltre, credo abbiano una valenza esemplificativa che può, ad ogni modo, anche essere d'aiuto a chi le legge, se cerca di entrare, in modo autentico, nella vicenda raccontata. Veniamo dunque alla nostra storia.

Chiara, da alcuni anni, viveva sola, anche se non può dirsi tale una persona che condivide l'abitazione e soprattutto la vita, con un cane o un gatto: e questa bestiola sarà appunto la coprotagonista e anche il capro espiatorio di un vissuto della durata di oltre tre anni e mezzo. Vissuto che vede, purtroppo, agire atteggiamenti e comportamenti umani più che discutibili e che si riallacciano alla tematica di cui ho parlato all'inizio: “Mi riguarda, non volgo lo sguardo altrove”. Furono sufficienti un paio di giorni, ed anche meno, perché Chiara si rendesse conto che la meticcia, appena tolta e quindi adottata dal canile, fosse veramente un cane di difficile, se non problematica, gestione. Sally aveva all'incirca 4 anni, quasi certamente non era mai stata abituata al guinzaglio, in più era stata riportata al canile dopo la prima ed unica adozione... Chiara abitava in un appartamento, in una piccola palazzina di soli otto alloggi, ed era quindi necessario, almeno un paio di volte al giorno, portarla fuori; può sembrare qualcosa di tanto semplice, in realtà le cose si rivelarono invece nella loro difficoltà, se non problematicità, accresciuta ulteriormente dall'agire di alcuni vicini di casa. Persone che posero in atto, in tutti quei lunghi mesi, una sistematica azione di non accettazione, di offese ed anche altro nei confronti di una persona, donna, in difficoltà e come spesso succede tra le persone, fecero di una situazione che avrebbe potuto essere nettamente migliorata, il pretesto per fare branco, schierandosi apertamente e con malevolenza ostile contro una persona fragile ed il suo cane.

Successe questo: per ben due mesi, che non son pochi, Chiara provò e riprovò ad abituare Sally al guinzaglio ma la cagnona, oltre a tirare tantissimo, quando capitava che intravedesse un gatto, esercitava uno strappo improvviso, con una forza inaudita al punto che, varie volte, le scappava letteralmente di mano col rischio di cadere a terra. Iniziava allora, la meticcia, una corsa "matta e disperatissima" all'inseguimento del gatto: potrebbe anche risultare, se non avesse rischiato di essere investita, una scenetta divertente, da cartoni animati. Non lo era affatto. Chiara, naturalmente, cercava di recuperarla, pur con i suoi limiti motori, anche usando l'auto, con la conseguenza di ritrovarsi, ogni volta, dolorante e sconfortata. I vicini di casa e quelli della strada in cui abitava sapevano della sua disabilità ed iniziarono a dirle, alcuni, che aveva preso il cane sbagliato. L'evidenza fa risaltare comunque che anche un cane di taglia più ridotta, può tirare parecchio, al guinzaglio. Per Chiara, inoltre, era ed è tutt'ora impensabile di riportare un cane adottato al canile: Sally sarebbe sempre rimasta con lei.

Una mattina, era domenica, in un parchetto vicino casa, Sally diede uno strattone talmente forte che Chiara, per non lasciarla scappare ed anche per non cadere, si tenne al tronco di un piccolo albero facendosi alcune escoriazioni al braccio. Davvero provata, si sedette su una panchina ed iniziò a piangere. Sul parco s'affacciavano un paio di palazzine, era un festivo..... nessuno dei vicini s'affacciò, nessuno le chiese come stesse. Pur conoscendo la sua fragilità fisica ed il suo amore per gli animali, nessuno si dimostrò minimamente coinvolto. Si sentì sola come non mai. Dopo quel pesante episodio prese una decisione: avrebbe cercato una persona che, quotidianamente, portasse fuori la meticcia. Non fu facile. Se ne succedettero alcune che erano in grado di gestire Sally ma che, o per una ragione o per un'altra, cessarono di farlo. Finalmente conobbe Rosa, la cui professione, oltre che educatore cinofilo, era anche quella di dog sitter. Certamente una spesa per la giovane donna che aveva dovuto ridurre le ore di lavoro, per ragioni di salute. Tuttavia era una spesa assolutamente necessaria. Settimanalmente succedeva che, ad alcune uscite dovesse provvedere da sola e qui si palesò ampiamente la vera e propria carenza di umanità dei vicini di casa.

Essendo provvista, la palazzina condominiale, di un cortile chiuso da due cancelli, capitava che Chiara, per alcuni minuti, lasciasse libera la meticcia, provvedendo naturalmente a raccogliere i suoi bisogni e a gettar acqua sul terreno. Apriti cielo!! Cercarono, subdolamente, di impedirglielo ad ogni costo, anche spalancando improvvisamente uno dei cancelli, facendo così scappare Sally in strada. Quasi sempre Chiara, in queste uscite senza la dog sitter, si recava ad alcuni km da casa, in aperta campagna, per poterla lasciar libera oppure andava in uno sgambatoio, non proprio vicino e vi restava anche più di un'ora di tempo. L'episodio più squallido messo in atto da alcuni vicini, con la connivenza degli altri fu quando, in pieno inverno, dopo un'abbondante nevicata, bloccarono, aperto, uno dei cancelli fingendo che fosse rotto. Per la durata di ben 15 giorni! Chiara, varcata la porta di casa, cominciò a sentirsi sempre più in ansia. Non era possibile parlare e tale atmosfera peggiorò di mese in mese. Un giorno, incontrando una vicina lungo le scale che, per l'ennesima volta le dimostrò vero e proprio disprezzo, Chiara le disse: “Ho delle difficoltà, lo sapete da anni. Non vede come scendo le scale?” La risposta del personaggio in questione fu: “Non me ne f...... niente”.

Giunse un momento in cui per lei diventò proprio impossibile lasciare qualche minuto Sally nel cortile, vista la situazione intollerabile: le fu pesantemente vandalizzata l'automobile e rischiò che il vicino del piano di sotto le mettesse le mani addosso. Chiara fece una denuncia a suo nome per stalking, fu chiamato in questura ed ammonito: se non avesse cambiato certi comportamenti, che non sto qui a raccontare per quanto siano stati penosi, rischiava di essere convocato in tribunale. Prima della denuncia avevano convinto persino la dog sitter, che veniva da anni e con la quale "credevo" ci fosse un rapporto di fiducia e di stima reciproca, ad interrompere il suo incarico con Sally; Chiara però non seppe mai cosa le fu detto e restò basita per la sua decisione. Sicuramente la malevolenza nei confronti di Chiara si era espansa a macchia d'olio: l'abbruttimento dei rapporti coi vicini di casa la ebbe vinta sulla conoscenza ed il rapporto anche amichevole con la dog sitter. Nel frattempo Chiara, progettandolo da anni, si mise alla ricerca di un'abitazione, con determinate caratteristiche, in Appennino. L'ultimo anno trascorso in pianura, ben consapevole ormai della bassezza a cui possono giungere certi personaggi (e so benissimo che questa lunga esperienza è quasi nulla rispetto alle situazioni di violenza e di prevaricazione subite soprattutto da donne e bambini), ebbe il grande aiuto, nella gestione della meticcia, da una ragazzina di 16 anni, seria ed affidabile e da una trentenne altrettanto ottima persona e ciò la riconciliò col genere umano. Di entrambe mantiene un ottimo ricordo. Il "non mi riguarda" di un certo vicinato, con le negative conseguenze sulla qualità della vita di una persona in difficoltà, le hanno lasciato una profonda ferita.

 

Racconto a cura di Daniela Minozzi

Condividi