''Faccio la badante, non posso collegarmi con la Rai''

Veronica Desalu, la madre di Faustino, uno dei quattro uomini medaglie d’oro nella staffetta 4x100

Ieri sono terminate le Olimpiadi e non mi sottraggo certo dallo scrivere alcune considerazioni sulle stesse. È conoscenza diffusa che gli atleti italiani abbiano eccelso in parecchie discipline sportive e questo non può che far piacere; anche se non amo la competizione, in alcun ambito, non posso che restare ammirata nei confronti di tali risultati; non mi è piaciuta l'esultanza eccessiva e, a tratti, smodata, riscontrata dopo una prestazione agonistica, anche da parte della gente comune. Ho fermato lo sguardo, invece, e l'attenzione su altri aspetti: ragazzoni muscolosi commossi fino alle lacrime, atleti italiani provenienti da etnie diverse, l'evidenza di una certa solidarietà femminile tra le atlete, gesti affettuosi tra sportivi maschi impensabili tempo fa, campionesse che non hanno negato le loro fragilità, la sicurezza di sé di ragazze che potrebbero essere mie figlie. Ed altro ancora.

Certamente, in questo clima di obiettivi sportivi raggiunti, la tenerezza più grande l'ho provata nei confronti di quella madre cinquantenne, proveniente dalla Nigeria e stabilitasi col figlio in Italia, che ha, semplicemente, detto: “Non posso fare l'intervista perché accudisco una persona anziana. Quando mio figlio tornerà a casa gli farò una torta”. In questa semplicità, dietro alla quale ci sono le difficoltà grandi di una persona africana che, in Italia, ha allevato e mantenuto, da sola, un bambino e se stessa, c'è quello che mi piace. Che va oltre una medaglia olimpica, che sia d'oro o di bronzo, e che mette in luce la straordinaria normalità di una vita ardua e faticosa. Ciò che più brillerà, di quella luce e di quella bellezza, frutto di sofferenza e fatica, sarà l'abbraccio con cui questa donna e questo ragazzo, suo figlio, si ritroveranno. E quella torta, fatta in casa, avrà sicuramente un sapore speciale.

 

Articolo a cura di Daniela Minozzi

 

 

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