Storia di Vita Vera: “Dentro l’oscurità” (Prima Parte)

Cosa c'è dentro una lacrima? Una gioia ma talvolta può esserci anche un gran dolore.

Questa è stata la mia vita, laceranti segni che non perdonano, che mi hanno massacrata, calpestata per riuscire a carpire fino a che punto potesse arrivare il mio coraggio ma soprattutto la mia forza, lasciandomi senza via di scampo. Per troppo tempo mi sono sempre fatta mille domande senza mai avere delle concrete risposte. Oggi invece dopo aver descritto in pieno questo mio viaggio, mi sono chiare tante cose, forse anche troppe che rimarranno dentro i miei pensieri senza cercare più altri chiarimenti, perché oggi voglio solo dimenticare quello che non sono mai riuscita a scordare. Ho lasciato una vecchia vita, quella che non avevo certo scelto, ma che mi era stata solo imposta, ed alla fine tutte quelle paure, quegli incubi sono tornati nella mia vita insieme a tutti quei fantasmi che hanno sempre fatto parte del mio tortuoso cammino perché non avevo capito che per annientarli avrei dovuto prima affrontarli.

Questa storia inizia così... con un grido disperato di rabbia e di liberazione di una donna, perché le sue urla, anzi le “mie” urla non rimangano mai inascoltate in quel silenzio che mi ha tenuta prigioniera per anni ed anni. Ho udito gli spari, di una vita che non mi era mai appartenuta, quel terrore che scorreva dentro il mio sangue e quelle lacrime di una bambina impaurita, tutto in un attimo sarebbe potuto cambiare. Segni indelebili che purtroppo non andranno mai via.

Erano gli anni ‘70, gli anni della ribellione e in Italia emergevano movimenti di nuove organizzazioni terroristiche di estrema sinistra per propagandare e sviluppare la lotta armata rivoluzionaria per il comunismo.

Il più numeroso e longevo gruppo terroristico di sinistra del secolo dopoguerra esistente in Europa.

Essi si macchiarono dei più efferati omicidi, sequestri di persona e rapine compiute per finanziare l'organizzazione che ha lasciato un grande segno nella storia italiana. Il sogno della rivoluzione proletaria che passava dai gesti eclatanti all’invasione armata: l'attacco al cuore dello Stato firmato Brigate Rosse.

Non ricordo nulla di quel periodo e oggi posso solo documentarlo attraverso i giornali che mio padre ha rigorosamente tenuto. Sicuramente non fu bello vivere quei momenti talmente brutti tanto da rimuoverli quasi tutti per la paura di dover ricordare tutto quel dolore.

Sono qui a raccontarmi ed oggi ogni volta che mi guardo davanti allo specchio vedo riflettere l'immagine di una donna che non si riconosce più. Visibilmente provata, un po’ incattivita da tutto, dentro i miei occhi si celerà sempre quella sofferenza di quel male dell'anima che non mi lascerà mai.

Ho visto cose che non avrei voluto mai vedere...

Ed oggi vedo il mio viso scalfito da quegli atroci pensieri del passato che delineano la totale pesantezza di un vissuto difficile. Mi sono lasciata alle spalle in parte una vita da dimenticare, quella fatta di momenti terrificanti, ma nello stesso tempo devo anche molto a tutto quel dolore perché con il tempo mi ha temprata, facendomi diventare la guerriera, forte e determinata che sono oggi. Fredda, sì sono molto fredda, perché non mi fido più di nessuno, ma nello stesso tempo con un sorriso solare che illumina il mio nuovo cammino. La mia nuova vita.

Super carcere di massima sicurezza di Novara...

Era iniziata la mia vita dentro quel carcere di massima sicurezza e mi sentivo pure io un po’ come una detenuta in attesa di giudizio.

Sì giudicata dalla gente fuori, dai compagni di scuola per quella vita imposta che non avevo certo scelto ma che purtroppo ero costretta a vivere.

Quella caserma era come un demonio perché prosciugava tutte le mie forze giorno dopo giorno rendendomi sempre più debole con le mie paure, che con il tempo presero pienamente il possesso su di me.

Pioveva su Novara, come pioveva dentro di me, bagnata da quella rabbia che mi cresceva sempre di più, impotente davanti a quella solitudine che tagliava il cuore, da quegli amici che non potevo avere, da quella libertà che mi era stata negata e mi ritrovavo a vivere le mie lunghe giornate nella mia camera ad osservare quel silenzio che aleggiava in quella stanza, quel vuoto inascoltato che vagava nel profondo della mia anima. La pioggia batteva sui vetri, come il mio cuore pulsava i battiti di paura, ed era forse l'unico rumore che c'era in quelle quattro mura e ripuliva quell’anima triste ed incompresa.

Nell'aria c'era qualcosa di strano che da lì a poco tempo avrebbe cambiato la vita di tutti noi...

Il silenzio incombeva in quelle fredde mura di casa mia, era ben evidente che eravamo nell’inferno senza vie d'uscita...continua..

 

Loredana Berardi

 

Condividi