La storia di Chiara: ''Il mio esame di maturità''

Esame di maturità: quanti di noi ne conservano il ricordo? Momento speciale nella vita di chi ha compiuto gli studi superiori: una sorta di passaggio, di transizione, non soltanto verso gli eventuali studi universitari ma anche un traghettare verso l'approdo di un contesto più adulto, appunto più maturo. Chiara ha vivida memoria di quei giorni passati, di quella che è stata, ed è, un'esperienza fondamentale negli anni giovani di tante persone. Quando la ragazza se ne trovò coinvolta, superandolo, non era ancora uscito il brano di A. Venditti che, da oltre vent'anni a questa parte, vede i ragazzi cantarlo od ascoltarlo, nei momenti precedenti la prova, vivendolo quasi come un rituale scaramantico e, allo stesso tempo, propiziatorio: “Notte prima degli esami”. Negli anni di Chiara, invece, al termine di tale passaggio ed iniziando a viversi, finalmente, l'estate, risuonava, sempre dello stesso cantautore, una canzone che le piaceva moltissimo e che ancora riascolta con vibrante nostalgia: “Sotto il segno dei pesci”. Mitica. Evergreen. Ma veniamo al racconto di "quegli strani giorni", così emblematici per chi li ha vissuti e, tutt'ora li vive.

Chiara, in quel mattino d'estate, entrò con gli studenti dell'ultimo anno dell'Istituto magistrale che aveva frequentato, nella palestra irriconoscibile: decine di banchi avevano riempito lo spazio solitamente adibito alla ginnastica; accomodandosi non poté fare a meno di rievocare, nonostante l'emozione della prima prova scritta e trattenendo un sorriso, tutte le ore trascorse in quell'ambiente e, probabilmente per stemperare la tensione, si ricordò di un episodio particolare avvenuto l'anno prima. Era, appunto, l'ora di motoria, e la sua classe stava effettuando una serie di salti in alto, al coperto. Materassone e un apposito elastico, teso tra due alti paletti metallici che, al momento del salto di una compagna, erano tenuti ben saldi, a turno, da altre due ragazzine. Già, ben saldi. Chiara si trovava da un lato del grosso elastico, a tener fermo, fermissimo, un paletto. Com'è, come non è, quando Marina spiccò il suo salto, senza superare l'elastico bensì urtandolo, capitò l'imprevedibile: un paletto la colpì in pieno, in testa! Era quello dalla parte di Chiara che, persa in chissà quali fantasticherie o pensieri, lo aveva lasciato andare! Situazione in cui ridere a crepapelle se non fosse stato che la botta presa dalla povera Marina non fosse stata proprio leggera..... le fu applicato subito il ghiaccio e, fortunatamente, non ci fu bisogno d'altro. Chiara, mortificata, fu "odiata" dalla compagna per un tot di tempo; poi, decantata la cosa, ci risero sopra, anche a distanza di anni, quando capitava di ritrovarsi, ormai adulte, per la cena di classe. Fu distolta da quel ricordo dalla consegna dei fogli protocollo su cui avrebbero svolto la prova d'italiano: il tema. Scelse senza indugio la traccia in cui si chiedeva di commentare un'affermazione del pedagogista brasiliano Paulo Fraire il cui senso era pressappoco questo: “Come educare e sviluppare in un giovane il senso critico nei confronti della realtà” . Il giorno successivo invece affrontarono l'altra prova scritta, basata sulla disciplina che Chiara proprio non sopportava e nella quale, anche a causa del suo scarso impegno, rischiava ogni anno di essere rimandata a settembre: la matematica. In verità ciò non successe mai forse perché l'impegno ed il risultato nelle altre materie era sempre stato piuttosto buono. Dovete sapere che, nelle prime due ore della prova, non era consentito andare in bagno; la ragazzina, ben consapevole della sua scarsa preparazione e propensione per la materia, era particolarmente emozionata e una necessità fisiologica conseguente alla tensione iniziò a farsi sempre più impellente, minuto dopo minuto. Fatto sta che Chiara impegnò tutte le sue energie, non tanto per la prova scritta, ma nel tentativo, fortunatamente riuscito, che tale urgenza non superasse il limite!

A volte Chiara, ed ancora le succede, pensa di esser nata troppo presto, e ciò non le ha consentito di vivere situazioni scolastiche in cui si sarebbe maggiormente riconosciuta; la sua classe era formata da ragazzine che si credevano d'essere già donne; i loro discorsi, divise in piccoli gruppi, si concentravano, quasi esclusivamente, su “trucco e parrucco”, i ragazzi, i vestiti e le scarpe. Chiara andava oltre, divergeva: sportivissima, attiva nel volontariato, sensibile alle tematiche sociali, curiosa del mondo. Inoltre non c'era, nella sua classe, uno spirito di gruppo che avrebbe potuto farle sentire unite e solidali. Lei quindi, anche per temperamento, si ritrovava spesso, durante le lezioni, ad uscire con battute divertenti ed osservazioni ironiche, che vivacizzavano il mortorio presente. A volte poi si dondolava sulla sedia col risultato di cadere all'indietro, senza farsi male e riemergeva quando il professore di turno chiedeva: “Dov'è la Minozzi?”. E lei, ancora ribaltata dietro al banco, prontamente rispondeva: “Sono qui, un attimo”. E giù risate. Infine arrivarono i giorni degli orali, momento in cui seppe, dal membro interno della commissione, che era la sua insegnante di Italiano, che il suo tema era stato davvero eccellente; in questa gradita comunicazione ci fu pure uno sguardo di divertita intesa tra studentessa e prof.; la stessa, infatti, si era raccomandata che scrivesse sulla prova il suo cognome per intero, considerando che in tutti i temi svolti in quegli anni, aveva sempre accorciato il suo cognome, mutandolo in Minox. Come pensate che firmò la prova d'esame, la malandrina? Naturalmente con Minox che negli anni, ed anche ora, è divenuto una sorta di simpatico soprannome.

Ecco, questo è ciò che Chiara visse, sul finire degli anni 70, all'esame di maturità magistrale. Non posso non concludere che, dopo questo racconto di un'esperienza di vita così particolare e proprio nel periodo in cui, ora, tantissimi ragazzi sono impegnati anch'essi in una maturità per cui non trovo aggettivo, e che, in ogni caso, rimarrà a lungo nella loro mente e nei loro sentimenti, l'esito finale di Chiara fu davvero buono e gratificante: 50 sessantesimi. Rivolgo ai maturandi di oggi un pensiero felice ed un grande, enorme, incoraggiamento dicendo loro che le esperienze intense ed impegnative, ed anche difficoltose, se elaborate positivamente, apporteranno loro coraggio e un'indefinibile forza.

 

Racconto a cura di Daniela Minozzi

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