Martedì, 25 Maggio 2021 09:39

Io sono Iqbal Masih

Iqbal Masih nasce nel 1983 a Muridke, in Pakistan, in una famiglia molto povera. A soli quattro anni già lavorava in una fornace e a cinque fu venduto dal padre a un fabbricante di tappeti per pagare i debiti contratti per il matrimonio di una delle sorelle. Da lì inizia la sua vita da schiavo. Lavorava a un telaio per 14 ore al giorno, picchiato e sgridato, percependo un salario di circa una rupia al giorno, circa tre centesimi di euro. Tanto malnutrito da riportare un danno alla crescita. E poi era terrorizzato dalle punizioni che gli infliggeva il suo padrone: lo gettava in un pozzo nero senz’aria che Iqbal chiamava “il buco”.

Nel 1992 riesce a scappare insieme ad altri bambini per partecipare alla manifestazione del Bonded Labour Liberation Front (Bllf), ossia il Fronte di Liberazione del Lavoro Schiavizzato nella “Giornata della libertà”. Per la prima volta Iqbal sente parlare dei diritti dei bambini e decide di raccontare la sua storia e le condizioni dei bambini nella fabbrica di tappeti in cui lavorava. Il suo discorso fa scalpore ed è diffuso da tutti i media locali.

Ritornato in fabbrica si rifiuta di lavorare, ma il padrone sostiene che il debito è aumentato a causa di cibo, supposti errori di lavorazione e altre scuse. Un avvocato del Bllf lo aiuta a presentare una lettera di “dimissioni” e riesce a liberarlo.

La famiglia è costretta ad abbandonare il villaggio a causa delle minacce e Iqbal, ospitato in un ostello del BLLF, ricomincia a studiare.

L’anno successivo inizia a viaggiare partecipando a conferenze sulla schiavitù minorile, diventando simbolo e portavoce delle condizioni di lavoro dei bambini pakistani e non solo. La sua frase celebre proferita durante una conferenza a Stoccolma: “Nessun bambino dovrebbe mai impugnare uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite”, ha fatto il giro del mondo.

Nel dicembre del 2014 riceve il premio Reebok Human Rights Award presso la Northeastern University di Boston.

Il 16 aprile 1995, domenica di Pasqua, Iqbal viene assassinato a soli 12 anni. Gli arrivano due raffiche di proiettili da Ashraf Hero, un eroinomane in visita a parenti nel villaggio di Muridke, mentre corre in bicicletta nella sua città insieme ai suoi cugini Liaqat e Faryad.

Molti dettagli di quel tragico giorno non sono per nulla trasparenti e non sono stati chiariti. Di certo qualcuno si era sentito minacciato dall’attivismo di Iqbal, perché sia la pressione internazionale, sia l’attivismo locale avevano convinto le autorità pakistane a prendere una serie di provvedimenti, tra cui la chiusura di decine di fabbriche di tappeti.

 

Articolo a cura di Lucia Ottavi

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