Covid-19: ''Il senso dell’ultimo saluto''

Uno dei cambiamenti più devastanti nella storia di un ricovero ospedaliero in questo tempo pandemico, è stato il venir meno della possibilità di comunicare con i familiari dei nostri pazienti guardandosi negli occhi. Le indispensabili restrizioni negli accessi negli ospedali sede di reparti Covid, al fine di proteggere gli operatori sanitari da possibili contagi portati dall’esterno, ha praticamente reso impossibile quello che in epoca pre Covid era un caposaldo dell’alleanza medico-paziente-famiglia. Se prima, il tempo dell’incontro con i parenti era il momento nel quale si gettavano le basi della reciproca fiducia nell’interesse dell’ammalato, mostrando compartecipazione alla loro trepidazione, parlando senza remore della malattia e dei possibili sviluppi e, talvolta, recidendo residue speranze di un esito non infausto ma rassicurandoli che ci si sarebbe presi cura del loro congiunto fino alla fine, alleviandone ogni sofferenza, ora tutto ciò si svolge necessariamente tramite il telefono. Ed è tramite questo mezzo che occorre trasmettere gli stessi sentimenti di umana partecipazione e compassione. Non tutti siamo in grado di farlo, non tutti siamo in grado di calarci fino in fondo nello stato d’animo di chi ci ascolta dall’altra parte del filo. Nelle nostre parole, non deve esserci fretta o distacco, anzi occorre dare all’interlocutore tutto il tempo che desidera per fare le domande che gli occorrono per elaborare quei drammatici momenti e comprendere fino in fondo che potrebbe non esserci domani. Occorre saper spiegare con parole semplici e accessibili a tutti, lo scompaginamento profondo che il virus causa nei polmoni dei loro cari e che, nella maggior parte dei casi li porterà irrimediabilmente a morte. Per loro non c’è età che basti a ritenere compiutamente vissuta la vita che si sta spegnendo, non c’è stato clinico preesistente che renda meno doloroso il distacco, neanche l’Alzhaimer all’ultimo stadio quando quel distacco, nei fatti, data già mesi o anni. Ma la cosa sicuramente più difficile per chi comunica, è il negare la possibilità che ci possa essere un ultimo saluto, posare ancora e per l’ultima volta lo sguardo sul volto del proprio caro, anche nell’immobilità della morte. Quei corpi, membra senza più anima, usciranno dal Reparto già chiusi in sacchi e teli con i quali saranno adagiati nella bara e in essa tumulati o cremati. Nessun contatto più, le pratiche da sbrigare affidate agli addetti delle imprese funebri. C’è però chi, come noi, si è ricavato un piccolo spazio per dare un volto alle voci che si scambiavano le informazioni per telefono, poter scambiare un gesto di vicinanza, minimale come può essere al tempo del Covid, e perché no, accogliere anche le lacrime che accompagnano inevitabilmente il riavere tra le mani gli oggetti, qualunque siano, che avevano accompagnato il loro congiunto nell’ultimo viaggio verso l’ospedale, quando ancora avevano la speranza che potessero tornarne vivi.

E non è ancora finita…

 

Articolo a cura del Dr. Marco Ingrosso, Direttore UOSD Anestesia e Rianimazione Ospedale Covid-19 - Scafati

 

 

 

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