Mercoledì, 24 Marzo 2021 14:27

Oscar Romero: “La voce della Giustizia nessuno potrà mai ammazzarla”

Nel 1974 Oscar Romero divenne vescovo di Santiago de María, nello Stato di El Salvador ed il contatto con la povertà, la feroce repressione militare e lo sfruttamento dei latifondisti locali, provocò in lui una profonda conversione, anche grazie all'influenza del gesuita Jon Sobrino, esponente della teologia della liberazione. 

La nomina ad arcivescovo di San Salvador, il 3 febbraio 1977 venne accolta con soddisfazione dal ceto dirigente locale per le sue posizioni, giudicate conservatrici in materia di dottrina della fede, ma alla cerimonia di insediamento Romero rifiutò l'offerta della costruzione di un palazzo vescovile, scegliendo una piccola stanza nella sagrestia della cappella dell'Ospedale della Divina Provvidenza, dove erano ricoverati i malati terminali di cancro.

L'assassinio di padre Rutilio Grande, gesuita, suo amico e collaboratore, assieme a due catecumeni, fu determinante. 

L'esercito, guidato dal partito al potere, profanò ed occupò le chiese e ad Aguilares vennero sterminati più di 200 fedeli.

Romero denunciò pubblicamente e rifiutò di partecipare alla cerimonia di insediamento del presidente Carlos Humberto Romero. 

La vicinanza del suo popolo contrastava con l'opposizione di parte della chiesa ed il 24 giugno 1978, in udienza da Paolo VI, Romero dichiarò: 

“Lamento, Santo Padre, che nelle osservazioni presentatemi qui in Roma sulla mia condotta pastorale prevale un'interpretazione negativa che coincide esattamente con le potentissime forze che là, nella mia arcidiocesi, cercano di frenare e screditare il mio sforzo apostolico»”.

Una parte dell'episcopato salvadoregno riteneva che Romero fosse “eterodosso, insano di mente, malato psichico in forma grave e fosse plagiato dai suoi consiglieri, specialmente dai gesuiti, un uomo pericoloso che andava fermato”. 

Romero non riuscì a ottenere neppure l'appoggio del nuovo papa e nel 1979 Giovanni Paolo II  gli annunciò che avrebbe potuto essere commissariato da un amministratore apostolico.

Romero uscì in lacrime dall'incontro, sentendosi abbandonato dal vertice della Chiesa. 

Il 23 marzo 1980 Oscar Romero disse pubblicamente queste parole:

“Io vorrei fare un appello particolare agli uomini dell'Esercito e in concreto alla base della Guardia Nazionale, della Polizia, delle caserme: Fratelli, appartenenti al nostro stesso popolo, uccidete i vostri stessi fratelli contadini; ma rispetto a un ordine di uccidere dato da un uomo deve prevalere la legge di Dio che dice: ‘Non uccidere’. Nessun soldato è tenuto ad obbedire ad un ordine contrario alla Legge di Dio. Vi supplico, vi chiedo, vi ordino in nome di Dio: ‘Cessi la repressione!’”

Come risposta immediata gli organi di stampa fedeli al regime pubblicarono un'immagine di papa Giovanni Paolo II accompagnata da una frase del pontefice: 

"Guai ai sacerdoti che fanno politica nella chiesa, perché la Chiesa è di tutti"

Il giorno dopo, mentre stava celebrando la messa nella cappella dell'ospedale dove viveva, fu ucciso da un sicario su mandato di Roberto D'Aubuisson, leader del partito nazionalista conservatore ARENA. 

Nell'omelia Oscar Romero aveva ribadito la sua denuncia contro il governo di El Salvador, che aggiornava quotidianamente le mappe dei campi minati mandando avanti bambini che restavano squarciati dalle esplosioni.

L'assassino sparò un solo colpo, mentre Romero elevava l'ostia nella consacrazione.

Morì alle 18:26 di lunedì 24 marzo 1980.

"Ma rimanga un punto fermo: "La voce della Giustizia nessuno potrà mai ammazzarla". Oscar Romero.

 

Articolo a cura dell’Avv. Cristina Perozzi

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