Venerdì, 19 Febbraio 2021 09:55

I semi di Amal

Foto di Andrea Tuttoilmondo

È bruna con due grandi occhi scuri e porta vestiti troppo grandi per lei che il lungo viaggio ha reso ancora più esile. All’accoglienza non avevano niente della sua taglia, ma erano certo migliori delle vesti intrise di salsedine, sudore e dolore con le quali era arrivata. Per giorni senza mangiare, né bere, stipata in un barcone insieme a tanti esuli e ai suoi genitori, con i quali aveva lasciato la Siria. Suo padre e sua madre che, per salvarla, avevano lasciato la loro casa ormai in macerie e altri due figli morti sotto le bombe. Piange piano Amal mentre ha ancora negli occhi la notte del naufragio e le onde che portavano via, per sempre, ciò che le rimaneva dei suoi affetti più cari.

Non ha più niente Amal solo un bagaglio di ricordi, la sua famiglia, la grande casa, il giardino dal quale le giungeva, dalla finestra aperta della camera, il profumo dei fiori e delle piante aromatiche così care a sua madre.

Ricorda, mentre guarda il mare attraverso la rete, e versa lacrime di sale, ma non china la testa, respira forte mentre tiene stretto in mano un sacchetto di semi di piante che aveva nel suo giardino e che la mamma aveva voluto portare con sé. Continua a piangere mentre tiene stretti i nuovi embrioni di antiche radici, che la guideranno in una nuova vita tutta da costruire. So che il tuo vero nome non è Amal, ma mi piace chiamarti così, perché nella tua lingua significa “speranza” ed è questa che alla fine, nonostante tutto, può dare a te e tutti noi la forza di costruire un mondo migliore.  

 

Articolo a cura di Emerita Cretella

 

 

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