Giovedì, 04 Febbraio 2021 10:08

Da Maria Goretti a oggi

Nel 1985 esce un libro di G.B. Guerri, "Povera santa, povero assassino", che rivede in chiave storica la vicenda di Maria Goretti (1890-1902) uccisa a soli undici anni per mano di un ragazzo non molto più grande di lei e che avrebbe voluto violentarla: Alessandro Serenelli (1882-1970). La bambina sarà canonizzata nel 1950.

Il libro diede vita a una forte e aspra polemica che non spetta a noi giudicare, ma quel che invece ha attirato la mia attenzione è una frase detta in quel contesto da un gruppo di attiviste per i diritti delle donne:

"Maria Goretti è il modello che ci hanno dato, quello che serve alla società per misurare la nostra colpa: la donna deve resistere fino alla morte, altrimenti è consenziente, cioè è complice del proprio stupratore".

Negli anni precedenti diverse leggi erano state approvate ed emanate: la nuova legge sul diritto di famiglia, quella sull'aborto, l'abolizione dell’articolo sul matrimonio riparatore e quello sul delitto d’onore, ma in tema di violenza sessuale troviamo ancora una mentalità arcaica e assurda che tutt’oggi persiste fortemente, ne abbiamo avuto una conferma recentemente riguardo al caso Genovese. 

Sembra che tolto il matrimonio riparatore non resti altro che la morte per una donna che dopo essere stata violentata voglia in qualche modo essere "riammessa in società", "ripulita", "perdonata" e "costumata".

Inutile dire che non è certo nel potere di una vittima decidere che l'aggressore la uccida piuttosto che violentarla. Inutile dire che in fin dei conti appare come un'istigazione al suicidio (e non di rado accade). E di questo hanno colpa una parte della società, taluni avvocati, taluni giudici, taluni rappresentanti delle forze dell'ordine.

Quel che si può affermare però, è che oggi, per fortuna, nessun movimento per i diritti delle donne farebbe un’affermazione del genere.

Un passo avanti è stato fatto, ma, lasciatemelo dire, è troppo poco. È ora che la società tutta si svegli e trovi nuova consapevolezza, è ora che le persone vengano finalmente riconosciute tali, non uomini o donne o mille altri tipi o "sottotipi", in base a redditi, colori, età e quant'altro.

Siamo tutti persone e null'altro.

 

Articolo a cura di Stefania de Girolamo

 

 

 

 

 

 

 

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