Lunedì, 01 Febbraio 2021 09:50

La meritocrazia non è un valore italiano

Qualche giorno fa mi è capitato di ascoltare il commiato di una giovane giornalista di Sky dal suo incarico di corrispondente da New York. Del suo discorso colmo di rimpianto, ma pure pieno di aspettative per il suo futuro professionale, mi ha molto colpito una sua considerazione sull’America, da lei definita come la nazione delle opportunità perché chi merita e si impegna può realizzare i propri sogni qualunque essi siano. Immediatamente il mio pensiero è andato alla situazione dei giovani in Italia, ma a pensarci bene anche di quelli che giovani lo furono qualche anno fa, i quali al contrario devono fare i conti con un nepotismo e un clientelismo sfrenato. Non conta quello che sai fare ma, piuttosto, di chi sei figlio o chi è l’amico più o meno influente di qualche tuo famigliare più o meno stretto. Senza voler evocare esperienze personali, sono innumerevoli le storie che ho vissuto di striscio o in pieno, di gente che ha visto la sua vita proiettata in alto o precipitata in basso a seconda dell’avere o meno la conoscenza giusta dalla propria parte. E in questo gioco la politica, volutamente con la minuscola, ne ha fatto di danni! Sono certo che se il nostro Paese avesse lo stesso criterio di selezione degli americani, nulla sarebbe precluso per i nostri giovani e anche le fortune del nostro Paese sarebbero molto probabilmente ben maggiori. Invece ci tocca vedere laureati ai quali viene offerto un ruolo da bidello, emigrare in America e nel giro di qualche anno diventare l’ascoltata direttrice di un rinomato Laboratorio di Ricerca internazionale, oppure che due dei leader massimi tra i nostri politici hanno alle spalle una partecipazione ad un mediocre spettacolo televisivo di nozionismo, fortuna e astuzia, senza essersi mai fatti carico di un vero lavoro, con ciò probabilmente disconoscendone il valore. La cosa più triste, diciamolo, è però l’acquiescenza della nostra popolazione a questo andazzo, incapaci di ribellarci e rifiutare questo triste metodo di selezione che agevola i furbi e mortifica chi vale. La maggioranza di noi non sa, non può o non vuole combattere questo fenomeno, magari lo ha già vissuto sulla propria pelle e vuole evitare che i propri figli subiscano la stessa sorte. Al contrario chi ha già goduto di quelle scorciatoie non ha nessuno scrupolo di coscienza a ripercorrerle per i propri figli per assicurare loro uno stipendio in barba alle loro effettive capacità. Anzi, se si trovano poi a confrontarsi con gente che ha effettivamente talento e capacità, cercano di umiliarle ed emarginarle per non vedere messo in discussione il loro piccolo cadreghino dal quale esercitano il loro meschino potere su chi vale davvero.

Ma soprattutto cieca è da sempre la nostra classe dirigente, quella pubblica in particolare, che invece di scoraggiare i questuanti li accoglie e li incoraggia per il solo tornaconto elettorale, indifferente al fatto che per i servi sciocchi non c’è futuro e, alla lunga, neanche per chi li sponsorizza. Basterebbe avere la decenza e l’onestà intellettuale di favorire chi merita davvero, sicuramente ne avrebbero lustro anche loro e anche l’Italia sarebbe maggiormente apprezzata all’estero.

 

Articolo a cura del Dott. Marco Ingrosso

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