Caso Genovese, vite spezzate

Eccoci in attesa del processo a carico di quel che altri non è che un "normale stupratore", un violento, un criminale a tutti gli effetti, un uomo che si fa forza della sua posizione, nonché del suo conto in banca per attrarre in una trappola quasi mortale ragazze, poco più che bambine. Come se non bastasse prima di usare violenza propina loro droga attingendo dalla sua abbondante riserva. Inoltre, lega loro mani e piedi.

Non vuole problemi, non saprebbe come gestirli.

Un uomo, (im)potente, che sa di non valere nulla, un uomo che senza posizione, soldi, droga e catene, non saprebbe far niente.

E lo sa. Ne è pienamente cosciente.

Il crimine, solo quello, gli dà la sensazione di avere quel potere che tanto brama.

Lo stesso potere avrà la forza di incidere sull'andamento del processo?

Essendo molta parte dell'opinione pubblica incatenata negli stessi meccanismi, come ampiamente dimostrato da articoli di taluni giornalisti e relativi commenti di gente comune, sarà ancora una volta una ragazza, sola, a dover salire sul banco degli imputati a dimostrare la sua innocenza? Il criminale è stato descritto con una serie di aggettivi positivi, la ragazza viene giudicata, si mette in dubbio la sua capacità di giudizio, ci si chiede dove sia stata la sua famiglia.

Non può non tornare alla mente il caso del Circeo: tre ragazzi della Roma "bene". Fra chi è riuscito a fuggire, chi è evaso e chi ha ricevuto permessi premio, c'è poco da essere ottimisti.

La società di oggi è totalmente pervasa dalla superficialità, dal desiderio di schiacciare e mettere a tacere intere categorie di persone, a cominciare dalle donne, dai "poco proficui anziani", dai bambini e dai giovani mai ascoltati.

Fa parte di quell'ormai radicato meccanismo che vuole un popolo fatto solo di gente che guadagna e spende, che tace e acconsente, e in tutto questo valori e giustizia sembrano non riuscire a trovare più posto.

L'appello è quello di alzare la voce, di non lasciare sola questa ragazza ad affrontare un duro processo, una ragazza la cui vita è stata spezzata, perché una parte di lei è rimasta in quella stanza, in quel terrore.

Così come ha dovuto leggere i commenti più assurdi, che possa leggere, e tanti, anche commenti di solidarietà, non contro il criminale, ma per lei, per darle coraggio.

Che sia facile una volta!

Che sia facile condannare al massimo della pena prevista alla legge quel che è solo "un mero criminale". Senza giustificazioni, senza attenuanti, senza favori pagati.

Che sia Lei, questa volta, seduta in aula ad ascoltare, solo ascoltare, il dissezionamento della vita di costui, nella vergogna mediatica di non saper fare nulla senza violenza, potere economico, droga e catene.

Siamo con te, giovane donna, siamo dalla tua parte, non sei sola.

 

Articolo a cura di Stefania de Girolamo

 

 

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