Domenica, 29 Novembre 2020 16:49

Femminicidio a Roveredo, la mamma dell’assassino: ''Lei lo trattava come un cane''

Ci troviamo in Friuli Venezia - Giulia nel comune di Riveredo in Piano. Lei è Aurelia Laurenti, 34 anni, una giovane mamma massacrata con diverse coltellate al collo dal suo compagno, Giuseppe Forciniti, 33 anni. Il femminicidio è avvenuto nella notte del 25 novembre. L’uomo, dopo averla uccisa, si è presentato in Questura a Pordenone con le mani ancora sporche di sangue, confessando il delitto. E’ stato arrestato con l'accusa di omicidio volontario pluriaggravato.

A distanza di qualche giorno da questo orrendo ed efferato omicidio, la mamma dell’assassino, rilascia un’intervista al quotidiano Il Messaggero, con il preciso intento di difendere suo figlio e tentare di giustificare il gesto compiuto. Queste le sue parole: “Aurelia era pazza di Giuseppe. Lo amava. Non si voleva allontanare mai da lui. Ultimamente lo aveva allontanato, perché lui la riprendeva perché stava sul telefonino, non accudiva la casa, non si interessava più della famiglia. Giuseppe tornava dal lavoro e doveva pulire, cucinare, lavarsi, aiutare i bambini nei compiti. Doveva fare tutto lui. In questo periodo di emergenza Covid era stanco per i turni e le aveva chiesto di aiutarlo. Stava dalla mattina alla sera al telefonino. Era la sua pazzia. Una volta mi ha chiamato, Giuseppe era andato in ospedale a vedere i turni, era l’ora di pranzo. Disse che non poteva cucinare. Aurelia non dirmi bugie – dissi - il frigorifero è pieno. Se devi prendere il pane, non aspettare Giuseppe, carica i bambini in macchina e vai”.

“Giuseppe – continua la mamma dell’omicida - doveva fare quello che voleva lei. Non so che cosa lo ha spinto ad agire così. Ultimamente mi diceva che era trattato come un cane, ma io non ho dato peso. Un giorno vidi Aurelia con un occhio nero. Disse che gliel’aveva fatto Giuseppe. Non le dico come l’ho trattato quando ho saputo. Lui disse ‘mamma non le ho mai messo un dito addosso’. Giurava, non gli ho creduto. Siccome sono una donna, ho creduto ad Aurelia. Il giorno dopo si alza la maglietta e noto un livido enorme in pancia. Sono caduto, disse. Chiesi ad Aurelia e lei disse di averlo colpito con il mattarello. Ho continuato a indagare. Ho chiamato la madre, che si lamentò del fatto che Aurelia stava tutto il giorno al telefonino. Non fa niente, dissi, basta che tratti bene i bambini. Non contenta, ho chiamato anche la zia. Lei mi disse che Aurelia, anche da piccola, si procurava i lividi sbattendo la testa contro il muro finché non otteneva ciò che voleva”. Poi, sul rapporto con la vittima, la mamma di Giuseppe afferma di averla “sempre trattata bene. Davo sempre ragione a lei, invece la situazione alla fine mi si è rivoltata addosso”.

 

Articolo a cura di Lucia Ottavi

 

 

 

 

 

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