Sabato, 28 Novembre 2020 14:56

Stupro e Democrazia

Nel 2018 a Cork In Irlanda uno stupratore viene assolto grazie alla "maestria" del suo avvocato che ha portato in aula, come prova a favore, un tanga di pizzo.
Eh sì, perché è evidente non solo nel nord Europa, ma anche in tutto il resto del mondo che se una ragazza indossa un tanga è segno inconfutabile che cerca un'avventura, ancora meglio se violenta. E sull'abbigliamento delle sfortunate vittime si è sempre discusso. Sul finire degli anni Novanta il capo che per la maggiore era oggetto di svariate elucubrazioni erano i jeans: una sentenza del febbraio 1999 afferma che è "impossibile commettere violenza carnale su una ragazza che indossa i jeans".
Due anni e mezzo più tardi altri giudici ribadiranno che "la circostanza che una donna indossi jeans non è da sola sufficiente a escludere il reato..."

Ha senso?

Tutti noi sappiamo che questo crimine è sempre stato commesso, da quando esistono gli uomini, da quando esistono le donne.
Il tanga nasce soltanto nell'estate del 1981 quando Frederick Mellinger lanciò il primo modello. All'epoca l'Italia stava ancora studiando una nuova legge che regolamentasse il reato di violenza sessuale come l'opinione pubblica e le lotte delle donne stavano da lungo tempo chiedendo.
Oggi avvocati difensori e giudici, evidentemente di parte, vogliono farci credere che un uomo nel suo eccesso di violenza, una volta sollevata una gonna o sfilati dei pantaloni, si fermi o continui a seconda del tipo di mutanda che trova.

No. Il violentatore è democratico.

Lui va avanti, sempre e comunque, sia che si trovi davanti a un tanga di pizzo, sia che si trovi davanti a una mutanda  "tradizionale".
A lui non importa quanti anni hai, se sei giovane o in età  avanzata, non gli interessa che tipo di vita conduci normalmente, se sei pudica o disinibita, se sei bella o sei brutta (un giudice italiano, donna, ha assolto un gruppo di stupratori, perché la ragazza era "brutta" - Ancona 2019), lui vuole solo usare la sua violenza.
Sembrerebbe semplice, palesemente evidente, eppure contrariamente a quanto è stabilito per legge, taluni avvocati e i giudici si elevano al di sopra, entrano sostanzialmente in empatia con i criminali, li giustificano, li comprendono, emettendo sentenze spesso imbarazzanti.

Diventano così a loro volta criminali

Infliggono alle vittime ulteriori offese, schiacciano la loro dignità, aggiungono ulteriore violenza, come se quella subita dalle vittime non fosse già di per sé sufficiente.

 

Articolo a cura di Stefania de Girolamo

 

 

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