Sabato, 14 Novembre 2020 14:27

Covid-19: Gli Angeli del 118

Una delle situazioni che sta colpendo l’immaginario collettivo nazionale durante questa fase, nella quale i numeri della pandemia sono diventati incalzanti, sono le code di ambulanze ferme davanti ai Pronto Soccorso in attesa di consegnare il loro carico umano a chi dovrà prendersene cura. Se l’immagine della tragedia che colpì duramente Bergamo e Brescia, furono le colonne di camion militari che trasportavano lontano da quelle città le troppe bare che i cimiteri non potevano accogliere, queste file di ambulanze stanno raccontando un‘altra storia ed è quella del 118, numero nazionale dell’emergenza sanitaria, e dei suoi addetti.

Il 118, inteso come organizzazione di pronto soccorso territoriale, è stata sicuramente una delle grandi conquiste della Sanità pubblica, universale e solidaristica, che ne fa uno dei modelli pubblici più apprezzati al mondo, per la capacità di offrire a tutti i cittadini le medesime possibilità di cura, indipendentemente dal ceto e/o estrazione sociale. Questa conquista però ha seguito la stessa sorte di decadimento della omogeneità delle prestazioni, quando il Sistema Sanitario Nazionale è stato trasformato in 21 Sistemi Sanitari Regionali i cui cittadini, è noto, sono diventati di serie A,B e pure C, a seconda della ricchezza intrinseca delle singole Regioni, della virtuosità delle rispettive classi dirigenti e, diciamolo, dal peso specifico nazionale dei loro rappresentanti politici.

Il Servizio 118, suddiviso per aree più o meno omogenee, fa riferimento ad una Centrale operativa i cui operatori, infermieri e medico di centrale, adeguatamente formati raccolgono la chiamata di soccorso, effettuano alcune domande di triage per indirizzare il mezzo di soccorso più idoneo come attrezzature per dare la risposta più adeguata alla richiesta ricevuta. Si può andare dall’auto medica per una semplice visita, all’intervento di un centro mobile di Rianimazione e, in alcuni casi, anche all’invio di una eliambulanza per minimizzare i tempi di soccorso e trasporto nell’ospedale meglio attrezzato. Questo appena descritto sarebbe il gold standard del funzionamento del Servizio. Nella pratica molti ostacoli si frappongono al raggiungimento di questo obiettivo, alcuni antropologici: per esempio l’incapacità del chiamante di rispondere utilmente alle domande di triage; altri logistici: ad esempio la percorribilità delle strade a volte addirittura sentieri per raggiungere la vittima; altri ancora essenzialmente legati a motivi economici-finanziari. Questi ultimi sono sicuramente l’aspetto più deteriore e più triste di questa situazione. Perché se i primi due sono superabili con l’impegno e la volontà di chi si occupa di gestire e assicurare materialmente il soccorso, l’ultimo è strettamente collegato al finanziamento del servizio, agli appalti per assicurarlo, alle gare al ribasso per rientrare nei budget messi a disposizione delle Aziende sanitarie locali dal Bilanci regionali.

A mio avviso per rispondere effettivamente ai criteri di efficienza, efficacia ed appropriatezza, indispensabili per offrire un servizio all’altezza della situazione, il 118 dovrebbe essere un’organizzazione nazionale e non regionale, magari gestita dal Dipartimento di Protezione Civile, con gli addetti inseriti in organici della pubblica dipendenza, adeguatamente formati e certificati per il lavoro da svolgere. Invece, come ho detto in precedenza, la regionalizzazione fa la differenza e rende i cittadini diseguali davanti alla Sanità. Il 118 è considerato parte dei LEA, Livelli Essenziali di Assistenza, e quanto maggiore è l’efficienza del servizio, maggiore è il punteggio ottenuto in griglia. Ma se i fondi a disposizione sono risicati è facile che questo servizio abbia una efficienza a macchia di leopardo. Spesso, nelle Regioni più povere e magari con un piano di rientro dal deficit sul groppone, il budget per il 118 è limitato e allora per aggiudicare il servizio le AA.SS.LL territoriali bandiscono gare, basate sul codice di trasparenza degli appalti, alle quali partecipano Enti e Associazioni di volontariato note ed affidabili per gli standard degli operatori, penso alla Croce Rossa Italiana e alla rete delle Misericordie, ma anche altre, dai contorni più opachi, che semmai accostano il trasporto infermi alle onoranze funebri e magari lasciano un po’ a desiderare per la qualità dei mezzi e degli operatori impiegati nel servizio.

Nei miei quaranta anni di professione “ho visto cose che voi umani…” per citare un noto film di fantascienza. La civiltà di un popolo, penso si valuti soprattutto per come si prende cura dei propri cittadini nel momento del bisogno e quale momento è più importante di un rischio per la salute? Sulla salute non si può risparmiare, anche se è d’obbligo essere oculati nella gestione delle risorse, soprattutto quando si devono salvare vite umane.

 

Articolo a cura del Dr. Marco Ingrosso

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