"Grazie Nonno!"

La brezza salmastra, che proveniva dalla grande distesa marina, scompigliava i riccioli scuri di Anna e la folta barba bianca del nonno; Davide, questo era il suo nome, aveva svolto la sua attività lavorativa a contatto con le persone, avendo gestito un piccolo bar in una piazza del paese in cui abitava. Essendo inoltre, per indole, un attento ascoltatore e pure un acuto osservatore poteva affermare che, nel corso dei quarant'anni di gestione del suo locale, "alcune cose" aveva compreso degli esseri umani. Il suo spessore intellettivo non gli consentiva certo di giungere a conclusioni del tipo “Gli animali sono migliori delle persone” oppure “Non ci si può fidare di nessuno”. Si era però reso conto che ci sono molteplici fattori che, se non gestiti bene, sono in grado di condizionare i comportamenti e quindi di limitare la libertà delle persone di essere autenticamente se stesse.

In quel primo pomeriggio novembrino, di nuvole e sole, aveva accettato con grande piacere l'invito della nipotina e stavano facendo una lunga, tranquilla passeggiata sulla battigia. Anna era poco più di una bambina avendo da poco compiuto dodici anni e stava attraversando un periodo della sua crescita in cui si faceva (e faceva agli altri, coetanei e non) parecchie domande, quesiti che erano il frutto delle sue riflessioni ed osservazioni. Ed infatti, appena scesi dal catorcio di nonno Davide ed avviandosi verso la spiaggia chiese “Nonno, dimmi una cosa. Perché le persone hanno sempre fretta?”. Il nonno, pensieroso, si accarezzò la barba scrutando il mare, poi improvvisamente le disse: “Anna, guarda quei gabbiani, sembra che danzino!”. E la bambina fermò l'attenzione su una coppia di gabbiani che volteggiava sulla distesa d'acqua.

Dopo alcuni minuti incrociarono una signora che proveniva dalla parte opposta e che aveva sul viso un'espressione triste, quasi costernata. Quando si distanziarono di circa una decina di metri Anna si rivolse al nonno: “Come mai una persona può essere triste al punto che glielo si legge in faccia?”. Anche questa volta nonno Davide non le rispose e si chinò a raccogliere alcuni piccoli sassi colorati portati dalla risacca, li lavò per togliere la sabbia e le disse: “Guarda che meraviglia! Il mare li ha accarezzati così tanto che ora hanno una splendida forma levigata”. E li porse alla bambina che li osservò felice e poi li mise nello zainetto. Era trascorsa quasi mezz'ora dall'inizio della loro camminata; proseguirono in silenzio. Un silenzio accompagnato dal rumore delle onde. Un silenzio in cui entrambi avvertivano l'affettuosa vicinanza dell'altra persona.

Arrivati in vista del porticciolo Anna, che nel frattempo si stava chiedendo le ragioni per cui il nonno non le aveva risposto (e gli aveva posto ben due domande importanti!) sbottò: “Ma insomma nonno vuoi dirmi almeno perché voi grandi rendete spesso le cose complicate? Io non lo capisco proprio. Se, ti faccio un esempio, tra noi bambini litighiamo poi facciamo pace. Invece voi.....”. Nonno Davide aprì bocca: “Bella domanda, cara Anna, bellissima domanda. Però, in questo momento, non intendo dirti come la penso”. La ragazzina rimase piuttosto perplessa anche perché conosceva bene il nonno e, fin da quando era una bimbetta, avevano sempre parlato di tutto. Essendo una personcina ben educata non insistette; giunti al riparo per le imbarcazioni si fermarono a guardarle, facendo soprattutto commenti sui nomi che, ciascuna di esse, portava a lato dello scafo. Infine ripresero a camminare per ritornare al viale su cui li aspettava il catorcio del vecchio: una vecchia ma efficiente Renault 4 a cui lui teneva moltissimo.

Impiegarono un'altra mezz'ora e, poco prima di lasciare l'arenile, il nonno si fermò. Prese le mani di Anna tra le sue manone forti e rugose, la guardò intensamente negli occhi e le disse: “Piccola mia, non ho risposto alle tue domande non perché non le ritenessi importanti. Lo sai che io desidero sempre ascoltarti e parlare con te. Ti ricorderai certamente che cosa mi hai chiesto. Ebbene, nei prossimi giorni rifletti sulle tue parole e poi, tra una settimana ritorniamo a fare una bella passeggiata sulla spiaggia e ti prometto che parleremo a lungo. In questo modo, sai, si diventa grandi e capaci di pensare con la propria testa. Così ho fatto io nella mia lunga vita ed ho capito tante, tante cose”. Anna gli gettò le braccia al collo scoccandogli un bel bacione sulla guancia. Prendendosi per mano lasciarono la spiaggia.

 

Racconto a cura di Daniela Minozzi

 

 

 

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