Storia di Chiara: “Quell’umorismo che ci salva la vita…ed anche la serenità”

 

Chi di voi non ricorda Chiara e le sue vicissitudini? Episodi della sua esistenza meritevoli di essere raccontati? Intrisi di emozioni, rivissute nel ricordo; a cui è impossibile appiccicare etichette quali “narrazione triste, gioiosa, dolente, speranzosa, sconfortante o addirittura ottimista o pessimista”, poiché i nostri giorni, il tempo che ci è concesso sono un insieme di tutto ciò che esiste dietro a tali limitati aggettivi. Noi stessi, a meno che non applichiamo filtri difensivi o volutamente selettivi, non possiamo lasciar fuori da essi il nero o il bianco, i colori tutti in qualsiasi gradualità o sfumatura essi ci si presentino. Chiara infatti avverte un'assurdità nella risposta classica e retorica di chi afferma “Tutto bene. Benissimo”, quando a costoro viene posta la domanda “Come stai?”. Non è che si debba indulgere in disquisizioni che comprendano particolari dettagliati sul come si vive però l'ipocrisia inutile di una tale affermazione, lei proprio non la sopporta. Giorni fa, in un piccolo supermercato, le è capitato di suscitare, del tutto involontariamente, il riso in una signora anziana allorché, passando accanto ad una commessa, solita appunto a rispondere, con voce stentorea “Benissimo!!!” ha pronunciato evidentemente ad un volume udibile “A te non lo chiedo come stai, tanto mi rispondi sempre Benissimo!!”.

Chiara sta trascorrendo un periodo della sua vita in un posto particolare, in cui è casualmente capitata cercando un'abitazione che corrispondesse alle sue esigenze; un luogo sui generis quindi, reso tale dalla bellezza naturalistica e paesaggistica della montagna italiana ed anche dal campione di umanità che vi risiede. E dei tanti che vi ronzano attorno, come api col miele. Da attenta osservatrice delle dinamiche sociali, dopo pochi giorni dal suo trasferimento in questo luogo particolare, osservò una vera e propria stranezza riconfermata poi nel tempo, rivelandosi perciò consuetudine. Si accorse, con malcelato stupore, che i pochissimi residenti nonché la folta schiera di persone presenti e transitanti nei giorni di festa ma non solo, dovevano presentare un problema di salute che riguardava tutti quanti, nessuno escluso. Iniziò a chiedersi come mai succedesse questo, senza riuscire a darsi, in un primo tempo, alcuna spiegazione. Di cosa si trattava? È presto detto. Udite, udite!! Chiunque passasse, abitasse o trascorresse alcune ore in quel luogo si rivolgeva agli altri con un volume di voce così alto che avrebbe richiesto la misurazione dei decibel raggiunti in certi momenti. Inizialmente Chiara ritenne che gli interlocutori dovessero trovarsi tra loro ad una certa distanza, per essere costretti a parlare così forte. Poi verificò che ciò avveniva anche e soprattutto quando le persone erano ad un paio di metri di distanza o anche meno! Incuriosita da tale comportamento diffuso si pose delle domande e sapete a quale conclusione giunse? Che quella zona, quello spaccato di territorio montano era stato evidentemente prescelto per una ragione ben precisa e che avrebbe apportato benefici agli individui in genere, in particolare a quelli con problemi di sordità... era in corso un test, di durata illimitata: testare gli apparecchietti per migliorare l'udito!! Per consentire, a chi presentava deficit uditivi, di sentire bene!!

Si riscontra inoltre, in questo angolo di mondo toccato dalla bellezza della natura ed anche dalle piccinerie umane, un'altra originale peculiarità, con l'aggiunta dell'aggettivo per rinforzare il significato del sostantivo. Curiosi eh, di sapere di cosa si tratta? Ebbene... è il mimetismo appenninico. Tanti di voi sapranno che, in natura, in parecchie specie animali, esso rappresenta un meccanismo di difesa correlato alla sopravvivenza. Uno dei tanti esempi può essere quello dell'insetto stecco il quale, per sfuggire ai predatori, si appoggia su una superficie arborea assumendone la tonalità e, quindi, confondendosi con essa. Dicevo appunto, prede e predatori. Nella specie umana, pur sempre una specie animale, in determinati luoghi, tale comportamento sussiste. E così può manifestarsi: dove le abitazioni sono particolarmente vicine, un classico sono coloro che, dietro la tenda di una finestra, "si fanno I fatti degli altri". Dove invece esiste una considerevole distanza tra le case, dell'ordine di decine di metri, siepi, cespugli, alberi, orti fittamente coltivati costituiscono un ottimo terreno per confondersi..... e farsi i fatti degli altri. Basta restare immobili, quasi trattenendo il fiato(quasi), mimetizzandosi come fanno gli animali. Il malcapitato, vittima di tale inopportuna considerazione da parte altrui, non avverte lo sguardo che, definire curioso è un eufemismo e quindi, bello rilassato, si gode lo spazio di casa sua. Poi, quando meno se lo aspetta, (e le prime volte non se lo aspetta proprio) ecco sbucare, a mo' di funghetto dopo la pioggia, la testolina del predatore che palesa così un aspetto del suo modo d'essere. Con la differenza, udite udite, che nella specie umana i ruoli sono chiaramente invertiti, tra preda e predatore, rispetto alle altre specie in cui, chi si mimetizza lo fa per non diventare preda; tra gli umani invece (forse perché hanno vissuto male la prima infanzia?) il predatore, termine anche "troppo importante" da usare è colui/colei che si rende, senza alcuna necessità e garbo alcuno, occulto alla faccia del malcapitato. Violazione della privacy? Può essere. Soprattutto una diffusa espressione delle umane piccinerie. Altra caratteristica? È presto detto. Immaginate strade in cui, per interi minuti, non passa un mezzo, che sia un'automobile, un furgone e via dicendo; minuti che, in certi orari della giornata o in particolari giorni si protraggono fino a diventare mezz'ora o anche più. Poi, ecco un'auto, dalla quale, spesso e volentieri, parte un colpo o più di clacson. Inizialmente Chiara non capiva la ragione di queste improvvise strombazzate considerando che si trattava di un unico veicolo sulla strada. Poi le si accese la lampadina! E collegò realisticamente l'inopportuno rumore ad un'altra consuetudine del luogo: quella di salutare in tal modo un conoscente che, dal veicolo in movimento, si intravedeva tra ampie distese di verde, siepi, cespugli, alberi e le rare abitazioni. Troppo fuori norma salutare dal finestrino o fermarsi un momento!!! Sto cercando, mi auguro che ve ne siate accorti, di raccontare queste umane modalità espressive rivestendole di una patina di umorismo, di ironia e, mi auguro, di esserci riuscita.

Avviandomi alla conclusione non posso tralasciare quella che, allargando il discorso, può rivelarsi una vera fonte di nervosismo e di malumori tra le persone: la proprietà privata. Mi limito alle impressioni da me avute e che, togliendo umorismo ed ironia, mi hanno personalmente arrecato disagio ed anche sofferenza. In Italia tanti sono i nuclei familiari che sono proprietari (o stanno faticosamente diventandolo) dell'abitazione in cui risiedono. Fin qui, tutto "normale". L'esasperazione si verifica allorquando questo senso di proprietà, di possesso, diventa eccessivo. Così si verificano comportamenti che, se non fossero oggettivamente ridicoli nonché assurdi, denotano una miseria dell'anima veramente deplorevole. Faccio soltanto un esempio che dice molto: una persona con difficoltà deambulatorie colloca una sedia a fianco del cancello di entrata di casa sua; potrà servirle per appoggiare un peso mentre apre il cancello o anche per sedersi. Ebbene, sapete cosa succede? I vicini confinanti la tolgono, portandola addirittura in discarica ed asserendo con arroganza che si trovava "sulla loro proprietà". Con questa nota amara concludo ribadendo che, per sostenere (ed ammortizzare) le umane piccinerie (ed anche qualcosa di più) occorre sempre volgerle e viverle sotto una luce di umorismo e di ironia. Che ci salva la vita. Ed anche la serenità.

 

Racconto a cura di Daniela Minozzi

 

STORIA DI CHIARA: “I PICCOLI NEGOZI SONO LA VITA DEL PAESE”

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