Luna Rossa (Episodio 29)

“Paolo cominciò a cambiare atteggiamento nei miei confronti pochissimo tempo dopo il nostro rientro in Italia. Spesso mi criticava per ogni cosa e lo faceva anche in fabbrica davanti ai dipendenti dell’ufficio in cui lavoravo. Pensavo che fosse un comportamento passeggero dovuto allo stress, ma mi sbagliavo”, Agnieszka proseguì il racconto. “Poi cominciò a insultarmi in modo violento ogni volta che secondo lui sbagliavo qualcosa sino a quando quella mattina, mentre facevamo colazione, per un motivo futile che riguardava una lettera arrivata il giorno prima e che mi ero dimenticata di consegnargli mi colpì con uno schiaffo tanto forte da farmi uscire il sangue dal naso. Restai come impietrita davanti a quell’uomo che non riconoscevo più e che dava a me la colpa anche delle botte che mi aveva dato”.

“Non ha pensato di lasciarlo dopo questi comportamenti?” domandò Maddalena.

“Certo, volevo andarmene, ma lui cambiò un’altra volta. Tornò a essere premuroso e mi chiese perdono cento volte dando la colpa al nervosismo e al sovraccarico di lavoro che doveva sostenere. Passarono mesi e tutto sembrava tornato come prima, tanto che avevamo fatto i documenti per il nostro matrimonio che sarebbe dovuto avvenire quell’estate. Tutto sembrava perfetto sino a quella sera di febbraio”.

“Mi scusi signora Novak, una domanda: ma Gino Pardi, il padre che a quanto pare abitava nella stessa casa, non si accorgeva di niente?” chiese Maddalena interessata a capire che ruolo avesse questi nelle vicende del figlio, delle quali evidentemente non era mai stato all’oscuro.

“Gino viveva in un’ala della casa che aveva adibito ad appartamento e raramente veniva dove abitavamo noi. Era schivo e solo durante le feste pranzavamo insieme” proseguì Agnieszka. “Non si vedeva quasi mai, e tra loro non esisteva un gran dialogo. Solo una volta lo sentii urlare contro il figlio al quale rinfacciava di essere un coglione alle cui stupidaggini lui doveva rimediare. Ora ricordo che durante uno di quei rari pranzi che facevamo insieme, Paolo mi riprese violentemente per una considerazione che avevo fatto sulla sede in Polonia. Gino si alterò molto e gli disse queste parole ‘Tu devi smetterla, hai capito? Poi tocca a me rimediare alle cretinaggini che fai!’ Allora non capii quelle parole, ma dopo quello che mi è successo e ciò che ho saputo delle altre ragazze lo capisco bene. Quella sera di febbraio era particolarmente fredda e fiocchi neve, accompagnati da un vento gelido, battevano sui vetri delle finestre. Non mi ero sentita bene la settimana prima ed ero andata dal medico, che mi prescrisse anche un test di gravidanza data la forte nausea che mi perseguitava da giorni. Il test risultò subito positivo e il medico mi disse che ero circa di otto settimane. Fui felice di questa inaspettata sorpresa e quella sera preparai una cena speciale e misi in una scatolina regalo un paio di scarpine da neonato gialle, dato che non conoscevo ancora il sesso”.

La voce di Agnieszka nel rievocare quel ricordo cominciò a spezzarsi come se le mancasse il respiro e le sue mani, che teneva strette nel grembo, cominciarono a tremare. Maddalena le chiese se voleva interrompere, ma lei le fece cenno che intendeva proseguire.

“Quella sera Paolo era di buon umore e aprì anche un vino speciale per accompagnare il gulasch ungherese che avevo preparato. Non mangiai quasi nulla, non ce la facevo e lui mi chiese se fossi andata dal medico. ‘Sì’ gli risposi, ‘e la diagnosi sta in questa scatola’. Lui incuriosito aprì il pacchetto, ma la sua reazione non fu come me l’ero immaginata. Il suo volto diventò come di ghiaccio e mi disse che dovevo liberarmi del bambino. Nella sua vita non c’era posto per marmocchi piangenti e pannolini sporchi. Gli chiesi se fosse uno scherzo, ma il suo sguardo freddo mi diceva che era la verità. Restai un attimo in silenzio e poi con calma gli dissi che non avevo nessuna intenzione di liberarmi del bambino e se lui non lo avesse voluto lo avrei tenuto da sola. Dopo questo ho solo ricordi confusi perché sentii un gran dolore al fianco e mi ritrovai per terra e sentivo la sua voce metallica che mi insultava mentre mi prendeva a calci. Poi buio e quando mi sono svegliata ero in un letto nella clinica privata del medico amico di mio suocero. È stato lui a trovarmi per terra in un lago di sangue e mi ha fatta trasportare lì in gran segreto. Sono stati giorni terribili, specie quando mi dissero che avevo perso il bambino. Avrei dovuto denunciarlo quel mostro, ma Gino Pardi mi convinse a non fare niente. Mi disse che avrei potuto tornare in Polonia e lavorare con un incarico migliore nella fabbrica e che il figlio era malato e che lui avrebbe pensato a curarlo. Restai in quella clinica quasi un mese, poi tornai a casa. Anni dopo ho trovato lavoro a Torino come interprete e sono tornata in Italia. Ho cercato di dimenticare questa storia, ma continua tormentarmi e a rovinarmi la vita”.

Maddalena fece accompagnare Agnieszka Novak dopo averle fatto firmare la deposizione e la donna, prima di andarsene, stringendole forte la mano le disse: “Grazie dottoressa Lipari, so che farà giustizia per me e anche per le altre”.

Maddalena annuì e cominciò a dettare all’agente Rubini i capi di accusa per Pardi e la richiesta di arresto per pericolo di fuga e reiterazione del reato da inviare al gip. …continua

 

Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale

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