Luna Rossa (Episodio 24)

Lo squillo insistente del telefono svegliò Eleonora che si era appisolata sul divano dello studio, in quel primo pomeriggio caldo, mentre leggeva alcune memorie.

“Avvocata Staiano? Buonasera, sono Daniela Ciolfi, volevo parlarle. Sono giorni che penso a quello che mi ha detto e a quella ragazza, possiamo vederci?”

“Certo, quando vuole!” rispose Eleonora.

“Anche oggi, sono ospite di un’amica per un paio di giorni”.

“Bene, allora se vuole tra un’ora al mio studio: Via dei Pileati 12”.

“Va bene, avvocata, tra un’ora sono da lei”.

Daniela era chiara di capelli, con una corporatura esile che la rendeva quasi adolescenziale malgrado fosse vicina alla trentina. Due grandi occhi chiari tradivano il nervosismo e lo smarrimento che provava in quel momento. Eleonora cercò di metterla a proprio agio facendola accomodare sul divano, evitando di mettersi alla scrivania ma su una poltrona difronte.

“Immaginerà il perché sono venuta da lei” disse Daniela, “anzi, deve scusarmi se nella telefonata che mi ha fatto giorni fa sono stata dura e quasi maleducata, ma è come se lei avesse risvegliato un dolore che pensavo ormai sepolto, ma che in realtà mi ha sempre tormentato. Sono passati anni, otto per la precisione, ma ho ancora quel giorno scolpito addosso come una spina dolorosa che continua a sanguinare. Mi sono illusa di poter dimenticare, ma certi episodi terribili che ti vedono coinvolta in prima persona tornano sempre a tormentarti nonostante tu cerchi disperatamente di continuare a vivere come se nulla fosse successo”.

“Lo capisco Daniela e posso dirle, per la lunga esperienza che ho maturato come legale nei centri antiviolenza, che è così per molte donne, che solo dopo tanto tempo riescono a parlare, a denunciare la violenza subita. Esiste in ognuna un meccanismo di difesa che tende ad anestetizzare contro lo strazio e il dolore subito” rispose Eleonora.

“Paolo Pardi è un manipolatore, un uomo con più facce che riesce a ingannarti e poi ti distrugge. Quella povera ragazza, Anna, ha rischiato davvero di morire per colpa di quel delinquente. Lo faccio per lei, ma anche per un atto di giustizia verso me stessa. Ho deciso di parlare e di rompere il muro di silenzio che mi ero imposta, illudendomi di poter vivere tranquillamente. Che illusione la mia! Pensavo di cancellare tutto con un nuovo lavoro, con una vita da un’altra parte, ma tutto questo non funziona perché quando sei sola è come se fossi in preda a ombre scure che ti fanno sentire un niente e ti rimproveri in continuazione perché non hai reagito, perché sei rimasta in silenzio e hai accettato anche i soldi che il signor Gino, il padre di Paolo, mi ha offerto in risarcimento”.

“Mi faccia capire” disse Eleonora, “Pardi padre le offrì dei soldi per tacere?”

“Sì e mi trovò anche un altro lavoro a Firenze pregandomi di non denunciare il figlio e che ci avrebbe pensato lui”.

“Allora ero una ragazza di paese, unica figlia di due genitori di origini umili che avevano lavorato come bestie per costruire la nostra casa e per farmi studiare. Negli anni avevo trovato vari lavori come ragioniera e tenevo le amministrazioni di vari negozi e di piccole aziende nei dintorni. Poi un conoscente mi disse che a Socci l’azienda dei Pardi cercava personale qualificato per gli uffici amministrativi. Presentai il curriculum, fui chiamata per il colloquio e alla fine fui assunta. Non le dico la mia gioia e quella dei miei genitori. Finalmente uno stipendio fisso su cui contare e un lavoro nel quale potevo fare anche carriera. Ricordo che mi alzavo prestissimo al mattino per raggiungere Socci, ma ero sempre allegra e non mi pesava affatto il sacrificio. Paolo lo conobbi al bar davanti alla fabbrica, dove mi recavo ogni mattina a prendere il mio cappuccino prima di entrare al lavoro. Lui era simpatico, cordiale, sorridente e incominciammo a parlare e da quel giorno cominciammo a vederci tutte le mattine e poi durante le pause pranzo. Paolo era sempre gentile, corretto e parlavamo di tutto e avevamo davvero tanti interessi in comune. Poi una domenica mi invitò a pranzo ad Arezzo in un ristorante di cucina tipica e a uno spettacolo teatrale in vernacolo dove recitava un suo amico. Ricordo che fu una bellissima giornata, terminata con un bacio davanti alla porta di casa mia”. …continua

 

Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale

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